Essere mamme in Puglia non è per nulla facile. Anzi. Non sono per nulla favorevoli nell’intera regione le condizioni socio economiche che vivono le donne lavoratrici (e non) con figli. La Puglia infatti è tra gli ultimi posti nella classifica delle aeree più “mother friendly”. In cima alla lista c’è ancora una volta la Provincia autonoma di Bolzano, seguita dall’Emilia Romagna e Toscana, mentre l’ultimo posto è della Basilicata, preceduta da Campania, Sicilia, appunto Puglia e Calabria.
Oggi si festeggia la festa della mamma e solo qualche giorno fa Save the Children ha diffuso il 9° rapporto “Le Equilibriste. La maternità in Italia nel 2024”. Un bilancio delle infinite sfide che nel nostro Paese le donne devono affrontare quando scelgono di diventare mamme, che include, come ogni anno, anche l’Indice delle Madri, elaborato dall’Istat per Save the Children: una classifica delle regioni italiane dove per le mamme è più facile vivere.
Proprio per quanto riguarda il lavoro le mamme in Puglia incontrano le difficoltà maggiori. Marche, Piemonte, Abruzzo e Liguria, occupano i primi posti nella dimensione lavoro, rappresentando regioni dove per le madri il mondo del lavoro è più accessibile e dove il numero di dimissioni o quello delle riduzioni di orario di lavoro non volontarie dopo la nascita di uno o più figli sono più bassi. Di contro, la Puglia, la Provincia Autonoma di Trento, la Sicilia e la Campania sono quelle meno virtuose.
In Italia, la discussione sulla crisi delle nascite è molto diffusa, ma spesso vengono trascurate le condizioni di vita delle mamme di oggi, che svolgono la maggior parte del lavoro di cura. Chiamiamo le mamme di oggi vere “equilibriste”, alla continua ricerca di conciliare tutte le responsabilità. In Italia una lavoratrice su 5 esce dal mercato del lavoro dopo essere diventata madre e il 72,8% delle convalide delle dimissioni dei neogenitori riguarda le donne.
Ancora una volta in Italia c’è stato un nuovo record negativo per la natalità: il 2023 ha registrato il minimo storico delle nascite, ferme sotto le 400mila nascite e con un calo del 3,6% rispetto al 2022.
Le donne scelgono di non avere figli o ne hanno meno di quanti ne vorrebbero: nella popolazione femminile, in età fertile tra i 15 ei 49 anni, il numero medio di figli per donna, infatti, è di 1,20, mostrando una diminuzione rispetto al 2022.
Il calo della natalità ormai coinvolge anche la componente straniera della popolazione: nel 2023 ci sono stati meno 3mila nati rispetto all’anno precedente. Inoltre, l’Italia si conferma come uno dei Paesi europei con la più alta età media delle donne al parto, circa 32,5 anni. L’Italia è anche il Paese europeo con la più alta età media delle donne per la nascita del primo figlio, circa 31,6 anni, con 8,9% di primi nati da mamme over 40, tasso inferiore solo a quello della Spagna.
MATERNITÀ IN EUROPA: A CHE PUNTO SONO I PAESI EUROPEI
Sono diversi i Paesi ad aver attuato riforme significative nelle loro politiche a sostegno delle famiglie, impegnandosi nelle sfide della denatalità e dell’invecchiamento della popolazione. Dal 2019, infatti, più del 60% dei governi a livello globale (124 su 197) ha adottato politiche volte a influenzare il tasso di fecondità, mentre altri 19 governi hanno mirato a mantenere il livello della fecondità. Invece, un numero crescente di Paesi, circa 55, sta adottando misure pro-nataliste.
Nel nostro rapporto, abbiamo analizzano in particolare 4 Paesi Europei: Francia, Finlandia, Germania e Repubblica Ceca.
Dal 2000 ad oggi, la Francia è l’unico Paese europeo rimasto stabilmente vicino alla soglia di due figli per donna. Il suo approccio è incentrato su un articolato sistema di sostegno finanziario alle famiglie e sulla garanzia di accesso a servizi per l’infanzia di qualità e tarati su diverse esigenze familiari.
La Finlandia, pur avendo registrato una flessione nell’andamento demografico nel corso del 2022, ha sperimentato tra il 2019 e il 2021 una netta ripresa del tasso di natalità. Il Paese ha adottato nel 2022 una delle riforme sul congedo più innovative d’Europa, che prevede che entrambi i genitori godano nella stessa misura del congedo, con la possibilità di trasferire parte della quota all’altro genitore, un congedo parentale più lungo e una maggiore flessibilità nell’utilizzo. L’accesso ai servizi per la prima infanzia è inoltre garantito ad una percentuale di bambini molto elevata, soprattutto nella fascia tra i 2 e i 3 anni (69,6%).
In Germania il tasso di fecondità è aumentato tra il 2020 e il 2021, ma ha avuto un drastico calo di nuovo nel 2022, passando da 1,58 a 1,46 figli per donna. In questo Paese Europeo è possibile ricevere un supporto economico per i figli, la possibilità di usufruire di un congedo parentale part-time mentre si lavora per il resto del tempo compensando così la perdita di reddito al 67%, e infine, per i bambini a partire da 1° anno di età, vi è il diritto a un posto in un asilo nido o in un servizio simile.
La Repubblica Ceca dal 2011 ha progressivamente aumentato il tasso di fecondità, fino ad arrivare a 1,83 figli per donna nel 2021. Tuttavia, come per gli altri Paesi Europei, anche qui nel il tasso è tornato a scendere. Il Paese, con un tasso di partecipazione ai servizi per l’infanzia 0-2 anni del 6% nel 2020, ha privilegiato un modello di cura tradizionale, favorendo lunghi periodi di astensione dal lavoro delle madri.