Ha 22 anni Francesco (nome di fantasia) e di lavori ne ha cambiati tanti. Un diploma in ragioneria, poca voglia di studiare ma tanta di lavorare. L’ultima busta paga è stata di 78 euro. Le promesse erano state differenti: otto ore in un camion per garantirsi uno stipendio decisamente più dignitoso. E invece a fine mese le assenze (inesistenti) hanno giustificato una somma con la quale a malapena offri una pizza alla tua fidanzata. “Mi ha parlato di affiancamento. Ha detto che dovevo imparare. Ma me lo ha detto solo dopo aver accettare il lavoro. Mi ha detto di pazientare qualche mese. Che poi le cose cambieranno. Ma io non ci credo. Sono andato via. Non è giusto lavorare a questi condizioni”. Prima ancora Francesco ha lavorato occasionalmente tra pizzerie e bar. Venti euro a serata per un lavoro che inizia nel tardo pomeriggio e finisce in tarda serata. “Non riesco a immaginare il mio futuro. Mi piacerebbe avere una famiglia mia, ma come potrei mantenerla? Alle volte cammino per le strade di questa città bellissima e penso che forse noi, la mia generazione meritiamo qualcosa in più. Meritiamo di poter lavorare con dignità. E per questo davvero dobbiamo essere costretti ad andare via?”.
Generazione in difficoltà (i numeri) – È un dato assodato che le nuove generazioni, in particolare le persone fra i 25 e i 34 anni, sono quelle che più soffrono a causa della situazione socio-economica. In particolare da 70 anni ad oggi, questo è il peggior momento per i giovani per cercare lavoro in Italia. Rispetto alla media degli italiani i giovani si sentono più insicuri, irrazionali e introversi. Anche quando il lavoro si trova è spesso fonte di ansia e stress (e in particolare per le donne) poiché spesso ai giovani spettano i contratti meno appetibili (a termine, a chiamata, con turni a rotazione, collaborazioni in partita Iva…) e un avanzamento di carriera è sempre più difficile da ottenere. I dati del 2022 dicono che in Italia attualmente solo il 14% dei dirigenti ha meno di quarant’anni, contro il 31% della media europea.
Va da sé che la questione economica è la maggiore preoccupazione delle nuove generazioni, spesso costrette a vivere un mese alla volta, senza solide prospettive per il futuro, l’ambiente di lavoro secondo un report di Deloitte resta la fonte primaria di malessere psicofisico. Il 36% della Gen Z afferma di sentirsi esausto per la maggior parte del tempo passato al lavoro, il 35% è distaccato mentalmente dalla propria occupazione e il 42% ha difficoltà dare il meglio di sé. I numeri tra i Millennial sono molto simili: rispettivamente il 30%, 28% e 40%. Carichi di lavoro pesanti, un equilibrio sbilanciato fra lavoro e vita privata, culture aziendali malsane e l’incapacità di realizzare sé stessi nel proprio posto di lavoro, sono le motivazioni che mettono a dura prova il benessere mentale delle giovani generazioni.