“In Italia sono circa 15.800 i rom e sinti che vivono nelle baraccopoli formali (aree gestite dalle istituzioni comunali) e informali (composte da tende o abitazioni auto-costruite e spesso immerse nella vegetazione o in zone di difficile accesso) pari allo 0,03% della popolazione italiana. Circa 13.300 abitano nelle 119 baraccopoli istituzionali, presenti in 75 comuni e in 13 regioni. Nelle baraccopoli informali sono stimati circa 2.500 rom. L’aspettativa di vita di quanti sono presenti in insediamenti monoetnici all’aperto è di almeno 10 anni inferiore a quella della popolazione italiana”. Sono alcuni dei dati contenuti nel rapporto annuale dell’Associazione 21 luglio ets ‘Vie di uscita – La condizione delle comunità rom e sinte in Italia’. “Il 55% dei residenti – sempre secondo il rapporto – ha meno di 18 anni e sono circa 1.000 i cittadini rom a forte rischio apolidia in Italia. Nelle baraccopoli informali e nei micro insediamenti la quasi totalità delle persone presenti risulta essere di origine romena, mentre dei rom e sinti presenti nelle baraccopoli istituzionali si stima che circa il 62% abbia la cittadinanza italiana. Il numero di rom e sinti presenti negli insediamenti formali e informali è in costante calo dal 2016, anno del primo rilevamento di Associazione 21 luglio, con un decremento totale ad oggi del 44%, ovvero 12.200 persone in meno”.
“L’Area Metropolitana di Napoli è quella nella quale è presente la più alta concentrazione di rom in emergenza abitativa e la città di Napoli registra le più grandi baraccopoli informali d’Italia. La città con il maggior numero di baraccopoli istituzionali è invece la città di Roma. Le principali aree residenziali monoetniche sono registrate nella Regione Calabria, in particolare nei comuni di Cosenza e Gioia Tauro. In Italia esistono 3 centri di accoglienza riservati esclusivamente a persone rom nei comuni di Brescia, Latina e Napoli e accolgono un totale di 330 persone riconosciute come rom. Si registrano anche insediamenti privati, terreni di proprietà, spesso ad uso agricolo, nei quali numerose famiglie rom e sinte hanno scelto di stabilirsi nel corso degli anni. Nelle grandi città metropolitane si possono riscontrare, in forma sempre più diffusa, situazioni in cui nuclei familiari rom di nazionalità romena ed ex jugoslava, colpiti da sgomberi forzati, trovano rifugio occupando ex fabbriche, capannoni industriali abbandonati o alloggi destinati all’edilizia residenziale pubblica”. Tra il 2022 e 2023) le amministrazioni comunali di Asti, Lamezia Terme, Prato, Collegno e Roma si sono impegnate nel superamento degli insediamenti. Viene segnalata, come esperienza virtuosa, quella del Comune di Collegno, “che nell’estate 2023 ha definitivamente superato l’insediamento presente in Strada della Berlia abitato dal 1997 da una comunità rom proveniente dall’ex Jugoslavia”. Tutti gli abitanti sono stati ricollocati in abitazioni convenzionali. Anche l’Amministrazione di Roma Capitale, nell’estate 2023, ha approvato il “Piano d’azione cittadino” per il superamento di 6 “villaggi attrezzati” della Capitale in cui sono attualmente presenti più di 2.000 persone. “Il momento è storico – afferma Carlo Stasolla di Associazione 21 luglio – e particolarmente favorevole per le 75 Amministrazioni comunali che governano i territori su cui insistono i 119 insediamenti monoetnici, affinché possano, con coraggio e determinazione, avviare processi di superamento, per cancellare in forma definitiva quella “vergogna sociale” che fa sì che l’Italia dall’anno 2000 venga considerata nel panorama europeo come il “Paese dei campi””.