Il Pd si spacca sui candidati sindaco. Da una parte la presidente del Pd Puglia, Titti De Simone che in una nota a firma anche di altri 4 esponenti Dem, Gianni Giannini, Antonella Morga, Nicola Biancofiore e Umberto Stravolo, ha espresso la sua richiesta di convergere tutti su Michele Laforgia e dall’altra il segretario del Pd di Bari, Gianfranco Todaro che ribadisce che il partito ha scelto di sostenere Vito Leccese. ” Il Pd è un partito plurale, che al proprio interno possiede tutte le energie e tutti gli anticorpi, democratici e sani, generosi e nuovi, per essere guida di un percorso di rilancio. Noi crediamo che si possano trovare le condizioni chiare, politiche, programmatiche, per una convergenza unitaria sulla candidatura di Michele Laforgia”, si legge nella nota della De Simone.
“Ho sopportato per un lungo anno che la presidente dell’Assemblea cittadina, assieme a uno sparuto numero di altri dirigenti del Pd locale, esprimesse una linea completamente autonoma rispetto a quella determinata dagli organismi, compreso quello da lei presieduto. Ma adesso basta. Non posso più tacere”. Lo dichiara il segretario del Pd di Bari, Gianfranco Todaro. “Il candidato del Partito democratico – ribadisce – alle elezioni amministrative di Bari del 2024 si chiama Vito Leccese. Non lo ha deciso un singolo. Lo ha deliberato proprio l’Assemblea cittadina, all’unanimità, seppur con l’astensione degli stessi dirigenti che oggi firmano quel comunicato in favore di una chiusura unitaria su Michele Laforgia. Se è vero che un partito non è una caserma, è anche vero che
non è certo il medico a prescrivere di farne parte. È assurdo che proprio la presidente dell’Assemblea si discosti da deliberazioni assunte all’unanimità da quello stesso organismo”.
Intanto il capogruppo del Pd in Consiglio regionale pugliese, Filippo Caracciolo, ha rimesso in maniera “irrevocabile” il suo mandato di capogruppo. “Sembra una giostra – dichiara – altro giro, altra corsa. E, aggiungerei, altro fango. Ogni occasione è buona per tirare in mezzo qualcuno, per provare a demolire l’avversario politico sfruttando qualsiasi occasione. Oggi è toccato anche a me. C’è qualcuno che sta tentando di gettarmi in mezzo alla mischia, sfruttando una vicenda che nulla ha a che fare con quelle che da settimane stanno occupando le cronache locali e nazionali”. Il riferimento è all’inchiesta del 2017 che lo vede rinviato a giudizio insieme con altri per corruzione e turbativa d’asta in relazione alla gara d’appalto bandita dal comune di Corato per la costruzione della nuova sede di una scuola media.
“E’ bene ricordare – aggiunge – che quando nel 2017 ho saputo di essere indagato mi sono immediatamente dimesso da assessore regionale. E quando a febbraio scorso sono stato rinviato a giudizio, nel corso di una riunione del gruppo regionale del Pd ho rimesso il mio mandato di capogruppo nelle mani dei colleghi che mi avevano scelto quale loro rappresentante in Consiglio regionale. Il gruppo, però, ha respinto all’unanimità le mie dimissioni, dichiarando che non c’era alcun presupposto per cui non avrei potuto continuare a ricoprire l’incarico. Io quel processo lo affronterò, perché sono innocente e lo dimostrerò nel giudizio. Ma voglio eliminare ogni possibile forma di speculazione sulla mia persona e sul partito che rappresento e per tale ragione rimetto nuovamente e in modo irrevocabile il mio mandato di capogruppo nelle mani dei colleghi consiglieri, nell’interesse del partito e, ancora una volta, dell’istituzione che mi onoro di rappresentare e dei cittadini”.