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Caso Bari, Mortellaro: “Non chiamatela solo mafia”

L'analisi del criminologo barese

Pubblicato da: Rosanna Volpe | Gio, 21 Marzo 2024 - 18:04

Si susseguono le reazioni a tutto tondo a Bari dopo lo scontro istituzionale tra il ministro agli interni Matteo Piantedose e il sindaco Antonio Decaro. Casus belli la nomina della commissione d’accesso “finalizzata a verificare una ipotesi di scioglimento del Comune di Bari”, dopo l’inchiesta della Dda con oltre 150 arresti (tra cui una consigliera comunale eletta in un civica di centrodestra e passata subito dopo con il centrosinistra al governo) e il commissariamento dell’ex municipalizzata dei trasporti Amtab per presunta infiltrazione dei clan. Le reazioni sono trasversali e coinvolgono politici ma anche professionisti che ritengono l’atto del ministro solo politico. Ma non è solo questo ad alzare i toni della vicenda:

“L’amministrazione di Decaro – sottolinea il criminologo barese Domenico Mortellaro – è stata quella che più di ogni altra si è costituita parte civile in processi mafiosi. Direi che basterebbe anche solo questo per capire lo sforzo che è stato fatto per opporsi ai clan della città. Decaro ha messo fine a feste patronali che nascondevano il potere esercitato dai clan in alcuni quartieri della città. Senza dimenticare la fine delle fornacelle abusive il giorno della festa d San Nicola. Che guaio i ministri che dall’alto di una formazione solo burocrate pretendono di fare altro. Che guaio se, senza nessuna competenza specifica, vengono mandati a gestire un dicastero così delicato come quello degli Interni. Criminalità politica – quella che le inchieste stanno disvelando, per parte comunale – criminalità dei ‘colletti bianchi’ che io sono abituato a nominare per nome e cognome con il termine “borghesia delle professioni” sono cose be diverse dalla criminalità mafiosa”.

Lei ha detto: ‘Quando tutto sarà mafia, più nulla sarà Mafia’. Cosa significa?

“Significa che la parola ‘mafia’ ha un significato preciso. Risponde a una organizzazione specifica e prevede cristalizzata anche dal codice penale con il 416 bis che sicuramente riconosce il voto di scambio ma con una accezione completamente diversa”.

Cosa intende?

“Secondo l’impianto accusatorio l’avvocato Giacomo Olivieri era riuscito ad organizzare una macchina criminale per procacciare voti. Una macchina che consentito l’elezioni di sua moglie Maria Lorusso. Ora, in un Comune sciolto per mafia si riesce a dimostrare che ad obbedire alle regole dettate dai mafiosi ci siano due o più politici. Qui mi sembra evidente innanzitutto che non ci sia nessuna sudditanza da parte del politico di turno alla mafia e che soprattutto il sistema porti il numero di Olivieri. Questo semmai dimostra un’altra cosa…”.

Cosa?

“Ciò che davvero deve preoccupare a Bari è la criminalità della borghesia delle professioni. Quando Giuseppe Mercante, detto ‘Pinnuccio il drogato’ dava lezioni di Camorra barese spiegava che senza i primari, i commercialisti, gli avvocati. Senza tutta la macchina dei professionisti, loro non contavano nulla. Sono i mafiosi ad avere un atteggiamenti reverenziale verso questa anima nera della città e non viceversa. La smetta anche chi soffia sul fuoco del tutto è mafia. Quando ci si vuole assumere responsabilità di Informazione, Formazione e Politica, si devono fare le cose per bene. Parlare per slogan in un mondo social educa la gente agli slogan. E la gente che è educata agli slogan non ha tempo di capire che il 416 bis e tutti i suoi articolati, di fronte a casi specifici di criminalità politica che usa i clan per irrobustire un proprio agio ma ai clan non paga dazio, se non misere regalie e prebende, non è articolo applicabile”.

Quindi secondo lei non è un atto dovuto la verifica istituzionale?

“Le verifiche istituzionali, che possono anche solo partire dal numero di costituzioni di parte civile del Comune di Bari in processi di mafia negli ultimi anni, possono apparire in questo momento un atto dovuto. Non è proprio così. La volontà politica è chiara. Ed è grave. Ho tanti rimproveri all’amministrazione Decaro e non ho mai tirato indietro la gamba su tanti errori, tante pessime valutazioni, tante sciatterie e tante letture enfatiche e poggiate sul poco. Da qui a parlare di questa amministrazione come di una amministrazione controllata dalla Camorra barese, se ce ne passa. A Bari fa comodo dire che la politica è mafiosa. Certo. Così si lascia il re vestito senza voler guardare come la mafia, in questa città, a volte a giusta ragione, abbia addirittura paura di avere a che fare con certi politici. E fuori da certi studi professionali arrivi col cappello in mano e i capponi di Renzo. A dire ‘perpiacere e grazie’ – e se non sapete che significa, mi sa che di Camorra barese potete davvero parlare poco. Perché sapete davvero poco”.

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