Rocco A., esposto all’amianto alle dipendenze di RFI (Rete Ferroviaria Italia) presso le Officine Grandi Riparazioni (OGR) di Foggia, aveva sviluppato un mesotelioma epitelioide che lo ha portato alla morte. La Corte di Appello di Roma ha ribadito, non solo che non esiste una soglia minima al di sotto della quale si annulla il rischio amianto, ma ha avallato la tesi che, anche un’esposizione non prolungata nel tempo, può determinare l’insorgenza di patologie asbesto-correlate.
Rocco A., nativo di Orta Nova e residente a Foggia, ha prestato servizio in RFI dal 1969 al 1971 con mansioni di operaio qualificato “aggiustatore meccanico”. Si è occupato della manutenzione dei rotabili ferroviari, motori, tubazioni, cavi elettrici, etc. respirando direttamente e indirettamente le sottilissime fibre killer. “I locali – fa sapere in una nota l’Osservatorio nazionale amianto – erano privi di aerazione, le lavorazioni venivano eseguite senza l’adozione di alcuna misura di sicurezza, pur essendo disponibili, sin dagli anni ’40, mascherine, tute protettive e aspiratori. Quel che è peggio, venivano utilizzati dei soffiatori per togliere la polvere, che tuttavia finivano inevitabilmente per disperderla nell’aria”.
Nel 2006 Rocco aveva avuto un primo versamento pleurico, e il 28 marzo 2009 è purtroppo, deceduto all’età di 68 anni, lasciando la moglie e i due figli. L’INAIL aveva fin da subito accertato l’origine professionale della malattia e costituito in favore della vedova la rendita ai superstiti. La famiglia dell’uomo, assistita dagli avvocati Ezio Bonanni, Presidente Osservatorio Nazionale Amianto, e Daniela Lucia Cataldo, aveva quindi presentato ricorso al Tribunale di Roma per ottenere il risarcimento di tutti i danni, patrimoniali e non patrimoniali. Ma nonostante l’ONA avesse già ottenuto altre condanna delle F.S., nel caso del sig. Rocco, l’azienda aveva tuttavia contestato la pretesa, spiegando che: “solo a partire dalla metà degli anni ’70 vi è stata la presa di coscienza circa la pericolosità della esposizione a fibre in amianto”.
In primo grado, basandosi su un’ampia letteratura medico scientifica, la magistratura aveva tuttavia respinto le eccezioni di FS. Il CTU nominato dal Tribunale aveva quantificato il danno biologico subito per oltre 200mila euro a beneficio dei familiari dell’operaio, oltre alla rivalutazione monetaria e agli interessi legali.
Oggi, la condanna anche in secondo grado della Corte d’Appello di Roma. “Purtroppo – continua la nota – la storia della Officine Grande Riparazioni della F.S. è caratterizzata dalla strage di lavoratori per mesotelioma e altre malattie di amianto, che in qualche caso hanno colpito anche i familiari. Il VII Rapporto ReNaM ha inserito il settore dei rotabili ferroviari tra quelli che hanno riscontrato più casi di mesotelioma”. “Dopo l’ennesima e duplice pronuncia di condanna si spera che le FS, invece interporre appelli e cercare di ritardare i risarcimenti, desistano dal negare il diritto di tanti che hanno perso la vita per l’uso dell’amianto. Purtroppo, il picco epidemiologico ci sarà nei prossimi anni”, dichiara Bonanni.