Le parole non sono solo parole. Al dì là che queste siano dette personalmente o attraverso uno schermo, hanno un peso specifico e, molto spesso, portano con sé conseguenze importanti.
Ad oggi non è solo la Generazione Z a considerare il web parte della propria quotidianità, ma lo è la maggior parte della popolazione mondiale, ed è proprio per questo che il confine tra la vita reale e quella online è sempre più labile, sempre più inconsistente.
Si comunica online a milioni di persone il proprio pensiero con estrema facilità, forse troppa, tanto da farlo talvolta quasi in modo superficiale.
L’Hate Speech è frutto proprio di questa facilità e superficialità.
Ma cosa è l’Hate Speech?
L’Hate Speech è sostanzialmente un “discorso di odio”, che grazie alla rete non ha solo la possibilità di giungere ad un pubblico più o meno ampio, dunque amplificandosi, ma anche di giungere in modo errato e ambiguo. Esempio classico può essere il Black humor presente in rete, ma anche le immagini ironiche che rappresentano stratagemmi per banalizzare i contenuti d’odio, spesso mascherati perfettamente anche con funzionalità commerciali.
L’utilizzo generalizzato alcuni termini trasforma un’offesa in un modo di dire. Il risultato sta nell’appropriazione di una posizione di potere mascherata da libertà d’espressione.
La condivisione senza un’effettiva presa di coscienza è però il primo passo vero una generazione di odio incontrollata. Complice spesso il presunto anonimato dal quale è possibile scrivere sul web, vengono alimentati pregiudizi, cattiveria e spesso ignoranza.
Quello a cui dà vita l’Hate Speech non è altro che bullismo virtuale, di cui sono vittime ad oggi molte persone, tra cui anche le celebrities. Star o semplici influencer che hanno fatto dei difetti un punto di forza, si trovano continuamente a dover affrontare intolleranza, discriminazione e odio ingiustificato nei confronti del loro corpo, delle loro scelte e persino della loro vita privata.
Il caso Ferragni è soltanto il più recente tra gli esempi di Hate Speech. Il fenomeno in questo caso è così evidente tanto da sembrare inquietante. Quello stesso pubblico che prima osannava l’influencer per qualsiasi sua azione, è lo stesso che adesso la porta giù, inveisce contro di lei in modo forse spropositato.
Le conseguenze dell’Hate Speech
Le conseguenze però di tutto quest’odio non sono virtuali, ma sono reali, sono conseguenze psicologiche importanti. All’interno del report Protecting Women and Girls from violence in digital age, il Consiglio d’Europa associa la violenza psicologica al fenomeno dell’hate speech, includendo l’istigazione al suicidio, gli attacchi verbali, gli insulti o le minacce di morte.
Ad oggi non esiste una legge che affronti o prevenga l’incitamento all’odio, e forse per questo i più si arrogano il diritto di esprimersi in moto talvolta violento. È forse solo l’educazione l’antidoto a questa grande problematica. Una maggiore educazione ed un uso consapevole delle tecnologie.
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