Una funzionaria della Prefettura di Bari, alla quale il 25 gennaio 2018 era stata rubata l’auto, invece di denunciare subito il furto della vettura alle forze di polizia, telefonò ad un indagato, ritenuto vicino al clan mafioso Parisi, gli raccontò del furto e gli chiese se poteva far qualcosa per recuperare l’auto.
La vettura alla fine fu recuperata e la donna versò 700 euro per ottenerla, quindi è ritenuta vittima di un’estorsione.
“Ascoltata la richiesta (di aiuto, ndr) – è scritto negli atti della Dda di Bari – il ‘contabile’ di Tommy Parisi, figlio del boss Savinuccio, chiede alla donna di inviargli il numero di targa del veicolo”. Verso la fine della conversazione la funzionaria “chiede, persino, se deve recarsi o meno dai Carabinieri a denunciare il furto della sua auto”, e fu lo stesso indicato a dirle di fare la denuncia. “Ci troviamo di fronte – annota la Dda – ad un funzionario” della Prefettura, “collaboratrice del prefetto che chiede un intervento e consigli ad un appartenente del clan Parisi”.
L’utenza che la funzionaria utilizza per telefonare all’indagato “è intestata al ministero dell’Interno – Dipartimento della pubblica sicurezza. Dette utenze il dipartimento della pubblica sicurezza del ministero dell’Interno le distribuisce ai dipendenti delle varie forze di polizia e agenzie governative”. Alla fine alla funzionaria della Prefettura il clan farà ritrovare l’auto per strada in un luogo concordato. Il pomeriggio del 9 febbraio 2018 l’uomo accompagna con la sua Renault Mégane la donna in un parcheggio “dove ad attenderli c’è il ladro che indica il luogo ove si trova l’auto, suggerendo alla vittima come chiedere l’intervento di una pattuglia delle forze dell’ordine che provvederà alla consegna formale del veicolo rinvenuto”. La donna, quindi, “simula – è detto negli atti – di aver rinvenuto l’auto rubata e chiede ed ottiene l’intervento di una pattuglia che verrà distolta dal suo regolare servizio di pattugliamento. Ne dà notizia l’Ansa.