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Troppo cemento a Bari. Il grattacielo? “Un’opera incomprensibile”

L'intervista all'architetto Eugenio Lombardi: "Bari non è il pesce crudo, la focaccia e panzerotti. Bari è una  città della millenaria storia di San Nicola e delle antiche stratificate architetture"

Pubblicato da: Adalisa Mei | Ven, 23 Febbraio 2024 - 08:37

Bari sta cambiando dal punto di vista urbanistico. Colate di cemento stanno letteralmente ridisegnando la città. Si abbattono edifici storici, mentre si sta progettando un grattacielo nel quartiere Japigia. “La nostra città sta progressivamente e drammaticamente perdendo la propria identità: Bari non ha mai avuto capacità a tutelare e valorizzare la propria storia”. Del periodo di grande trasformazione urbanistica ne abbiamo parlato con Eugenio Lombardi, architetto barese specializzato in Progettazione Partecipata e Psicologia Urbana all’Accademia di Belle arti di Copenaghen e con lunghi anni di studio e attività professionale a Helsinki. Ha promosso a Bari diversi progetti culturali in Bari vecchia e di riqualificazione urbana: recupero ex Macello comunale, molo di Sant’Antonio, ex Ospedaletto dei Bambini.  Attualmente coordina la rete Civica Urbana di Palese. Per Lombardi “Bari non avrebbe assolutamente bisogno di nuova cementificazione”.

E’ stata presentata al Comune la richiesta per fare sorgere, alle spalle dell’ex Fibronit, «Seven 41». Un mega complesso la cui idea è stata redatta dallo studio milanese ACPV Architects. La superficie interessata è di oltre 20 mila metri quadrati di cui la metà è destinata a uso residenziale e la restante parte a uso commerciale e uffici per complessivi 100 mila metri cubi di volumetria. Cosa pensa di quest’opera?

La ritengo assolutamente evitabile. Si tratta di una operazione immobiliare incomprensibile. Manca ormai da troppo tempo a Bari una visione urbanistica, organica e di sistema, sostituita da una somma senza fine di nuovi volumi residenziali nonostante da anni il numero di abitanti di Bari sia in sostanziale equilibrio o diminuisca. Senza considerare le conseguenza sugli edifici circostanti: l’altezza del grattacielo toglierebbe loro luce naturale mentre particolarmente elevato sarà il carico urbanistico aggiunto in una zona già molto centrale ma che non ha servizi tali da poter assorbire senza difficoltà i tanti nuovi residenti ed ospiti di alberghi e uffici. Io sono sicuro che Bari non ne aveva bisogno.

La politica di cementificazione sta modificando la città? Come è cambiata Bari negli ultimi anni?

La nostra città sta progressivamente e drammaticamente perdendo la propria identità. Bari non ha mai avuto capacità a tutelare e valorizzare la propria storia e i suoi abitanti ci mettono molto tempo per mettere a fuoco le conseguenze di quanto è sotto gli occhi di tutti. Si piange ancora. Così perdiamo per la scomparsa della storica sede della Gazzetta del Mezzogiorno, ma furono in pochissimi a cercare di impedirne l’abbattimento che avvenne nella notte di ferragosto del 1982: di notte e a ferragosto! Così come sono stati in pochissimi pochi anni fa a darmi aiuto nel tentativo di salvare lo straordinario e rarissimo villaggio neolitico a Palese, antico di oltre 10.000 anni e  sostituito da dieci anonimi villini. Si piange dopo e non sempre, perché per molti costruire significa cancellare l’abbandono, il degrado, la dimenticanza: è una questione di assenza di sensibilità, di cultura, di quale valore la Storia abbia nel costruire non cemento ma prospettive di valorizzazione del paesaggio e di miglioramento della vita della comunità.

Come sogna la Bari del futuro?

Sogno una Bari che sia capace di accorgersi dei propri valori ancora a disposizione e sappia tutelarli.  Bari non è il pesce crudo, la focaccia e panzerotti. Bari è una  città della millenaria storia di San Nicola, il nostro vero ambasciatore nel mondo, molto più delle produttrici di orecchiette che vanno relegate al loro giusto ruolo folcloristico e commerciale. Bari è la città delle antiche stratificate architetture, dei suoi teatri che vanno messi nelle condizioni di produrre e non solo di importare, del suo mare da vivere lungo tutto il percorso cittadino e non solo in aree speculativamente attrattive. C’è quindi turismo culturale ancora da intercettare.

Stride purtroppo fortemente nella realtà oggettiva quella Bari invitante e perfetta proposta nelle fiction e tanto esaltata dalla politica di governo. Ci si chiede come sia possibile, per chi davvero conosce la città, la sua storia, le linee tracciate sin dai tempi più antichi fino alla più moderna città della rivoluzione industriale, riconoscersi in quella più recente autoreferenzialità levantina, che indotta dalla martellante comunicazione dei social ha spinto le masse sempre più acritiche ad autoeleggersi “felici” per il fatto stesso di essere qui.

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