“Mentre le vite degli altri continuano ad andare avanti, noi viviamo ancora nel terrore. C’è ancora chi sogna di tornare a casa e soprattutto che la guerra nella nostra terra, di cui si parla sempre meno, finisca”. A pronunciare queste parole è Oksana Rohova, della comunità Ucraina a Bari, che ha voluto affidare a Borderline24 le proprie preoccupazioni, ma anche le proprie speranze a due anni dal giorno in cui ha preso il via l’invasione russa dell’Ucraina. Oggi, in occasione del secondo anniversario saranno diversi gli incontri dedicati al tema nel Barese. Già a partire dalle ore 10 è prevista (meteo permettendo) una manifestazione con partenza da via Sparano, mentre alle 11, al Museo Civico di Bari si terrà la proiezione del film “20 days in Mariupol”.
Un conflitto, quello russo-ucraino, lungo 10 anni che, sin dal 2014, aveva riversato nell’ombra della guerra i cittadini, sino ad arrivare al febbraio del 2022, periodo in cui il mondo si stava da poco riappropriando della normalità post emergenza sanitaria da Covid-19, quando all’alba del 24 febbraio, lo scontro, sino ad allora per lo più politico e diplomatico, si è trasformato in una vera e propria offensiva militare. C’è chi sente rimbombare nelle proprie orecchie ancora il suono delle sirene che hanno risvegliato le città in quel giorno, tra queste anche la capitale, Kiev, gettandole letteralmente in una realtà che per alcuni sembrava lontana, ma è diventata tangibile tanto da essere attuale ancora oggi in cui, dopo 24 mesi esatti, sono oltre 10mila i civili morti, tra loro donne, bambini e uomini, oltre a un numero imprecisato di militari chiamati a combattere sul campo una guerra che ha preso il via da anni di lunghe discussioni dietro a tavoli diplomatici.
Su questo, in particolare, si sofferma Oksana, che non la porta per le lunghe e chiede di tornare a discutere in maniera civile, offrendo di nuovo uno spiraglio di normalità ai cittadini che hanno dovuto lasciare “sospese” le proprie vite, lasciando il luogo in cui erano nati. “Oggi la situazione è peggiore di allora – spiega – gli attacchi aumentano, ci sono missili ogni giorno. Le persone civili in Ucraina vivono nel terrore, con la costante paura di morte. Tutto si è fermato, non c’è più lavoro, non ci sono più i sogni le speranze di chi stava semplicemente vivendo la propria vita. Se ne parla sempre meno e a volte sembra che se ne siano dimenticati, ma noi da qui siamo sempre operativi, perché c’è tanto bisogno di aiuto” – evidenzia. Dai beni di prima necessità, come cibo, medicinali a vestiti, ma non solo. “Continuiamo ad inviare tutto quello di cui c’è bisogno – prosegue – le persone hanno perso le loro case, hanno perso la vita, hanno perso tutto. C’è chi è riuscito ad andare via, chi invece è rimasto li. Ci sono persone che non possono spostarsi, come invalidi e malati” – ha sottolineato dedicando un pensiero alla Puglia e al capoluogo pugliese. “Non posso non ringraziare i pugliesi e i baresi per l’accoglienza, le associazioni italiane, con loro quelle di Bari e della Puglia sono molto attive. Proprio qualche giorno fa abbiamo mandato un tir carico di beni di prima necessità. È importante continuare ad esserci per non lasciare solo nessuno” – ha spiegato insistendo su quanto sia importante non solo agire, ma anche continuare a parlare di questi temi, affinché si possa tornare a parlare della pace come soluzione.
“Il mondo sembra grande, ma è piccolo – ha proseguito – non bisogna chiudere gli occhi di fronte alla guerra, non bisogna dimenticare chi ha iniziato. Oggi il nostro mondo è pieno di guerre, tutte dovrebbero essere fermate il più presto possibile. Penso a quello che stanno subendo anche i cittadini in Palestina. Questi conflitti sono molto più vicini di quanto non si creda. Noi siamo stati accolti qui, non ci siamo sentiti abbandonati, alcune persone hanno avuto modo di ricominciare a costruirsi una vita, ma tanti sono in attesa di tornare a casa, perché c’è sempre la speranza di poter ripartire da quel luogo dove ci sono i propri cari, ma anche i ricordi. La guerra, tutte le guerre, devono finire. Ognuno stia nella sua terra portando avanti la pace. Noi vogliamo vivere in armonia, vogliamo vivere in pace. I problemi devono essere risolti dietro a un tavolo diplomatico, non con le armi e con le bombe, perché ci vanno di mezzo vite innocenti. Quando un governo manda le bombe a casa dei civili è genocidio. Noi siamo stanchi – ha detto infine lanciando un appello – cessate il fuoco ora. E non dimenticatevi di noi, né di tutti quelli strappati alla loro normalità e alla loro vita” – conclude.