Il blocco triennale della pesca dei ricci di mare in Puglia non viola nessuna competenza statale. Per questa ragione, la Consulta, ha confermato la regolarità del fermo straordinario introdotto con il fine di tutelare la specie in Puglia, uno dei luoghi del sovra sfruttamento, a livello locale, della risorsa ittica a rischio estinzione. Il divieto è stato confermato sino al 2025 con legge regionale approvata nel marzo 2023. Quest’ultima era stata contestata dinanzi alla Corte Costituzionale dall’Avvocatura dello Stato in rappresentanza della Presidenza del Consiglio dei ministri. Pertanto era stata richiesta una rivalutazione della stessa.
Il blocco riguarda solo la pesca locale e non riguarda dunque la commercializzazione dei ricci di mare provenienti da Regioni diverse dalla Puglia, purché provvisti di tracciabilità. Secondo la difesa di Palazzo Chigi, nel potere delle Regioni, non rientrerebbe quello di imporre blocchi relativi alla pesca, ma la competenza per introdurre limitazioni simili, spetterebbe invece al Ministero dell’Agricoltura, delegato anche di “sovranità alimentare”. Ma non solo. L’Avvocato dello Stato ha evidenziato che non esiste un “mare territoriale regionale” entro cui le Regioni avrebbero il potere di disporre a loro piacimento, esiste invece, secondo lo stesso, una sovranità dello Stato che governa quanto circonda le coste continentali ed insulari della Repubblica. Proprio su questo punto, salvando dunque il blocco della pesca fortemente voluto dal presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, che ha previsto inoltre indennizzi per i pescatori fermi, la Corte Costituzionale, d’accordo con la difesa erariale, ha modificato la legge dove faceva riferimento ai termini “mari regionali”, oggi divenuti “nello spazio marittimo prospiciente il territorio regionale”, oltre a “mare territoriale della Puglia”, adesso trasformato “nello spazio marittimo prospiciente il territorio regionale” e “da mari territorialmente non appartenenti alla Regione Puglia”, attualmente “dallo spazio marittimo non prospiciente il territorio regionale”.
I giudici costituzionali, nella sentenza numero 16, hanno rilevato che “”non si può dubitare che incidano in melius sulla tutela ambientale, e nello specifico sulla protezione del riccio di mare, che è parte dell’ecosistema marino, norme che indirettamente agevolano la riproduzione di tale specie animale”, pertanto “l’intervento operato a livello regionale si pone nel solco dell’esigenza di disciplinare la pesca in conformità a obiettivi che la stessa Unione europea” si è data sulla pesca “sostenibile” nel lungo termine “dal punto di vista ambientale”. Per queste ragioni, gli articoli 1 e 2 della legge regionale Puglia n.6 del 2023 non violano, dunque, la competenza legislativa statale esclusiva nella materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema. La Consulta ha inoltre evidenziato che la Regione Puglia ha messo in atto una misura specifica “concernente un fermo pesca disposto una tantum, che si riverbera temporaneamente su un’attività che si svolge sui fondali posti a breve distanza dalle coste pugliesi e che riguarda una risorsa ittica, il cui consumo è strettamente correlato al territorio e alle tradizioni locali, tant’è che la misura è la conseguenza di un massiccio sovra-sfruttamento”. La soluzione non è dunque “incompatibile” con una possibile modulazione di interventi legislativi regionali che abbiano come obiettivo quello di risolvere le criticità relative al territorio.
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