Elon Musk ha annunciato personalmente il primo impianto di un chip nel cervello di un paziente con paralisi.
“Il primo impianto di Neuralink è stato fatto su un essere umano. Si sta riprendendo bene. I risultati iniziali mostrano un promettente rilevamento dei picchi neuronali”
Stando ai dati, i sistemi tecnologici studiati e realizzati da Neuralink, società di impianti cerebrali e fa capo proprio a Elon Musk, hanno come obiettivo quello di mettere in comunicazione diretta il cervello umano con un computer.
Nel caso specifico, infatti, una volta ottenuto il nulla osta dalla Food and Drug Administration per condurre i primi test su esseri umani, sono stati reclutati i primi volontari, ricercandoli tra quelli con problemi neurologici o lesioni traumatiche. Questo perché il chip “Telepaty”, una volta impiantato, dovrebbe sostanzialmente leggere le onde celebrali e trasformarle in input per dispositivi esterni, premettendo così a queste presone di controllare solo con il pensiero un cursore o una tastiera.
Il primo intervento è avvenuto tramite un robot, chiamato R1, che ha installato l’impianto con un ago più sottile di un capello umano e dunque non vi è stato alcun taglio del cranio per l’installazione.
“Telepaty” è un impianto con 64 fili, 1024 elettrodi e una batteria wireless, con lo scopo di controllare “l’intenzione del movimento”, capace di registrare e trasmettere segnali cerebrali in modalità wireless a un’app che decodifica il modo in cui la persona intende muoversi.
Ma quella di Elon Musk è davvero una novità in ambito tecnologico?
La risposta è no. Già circa otto anni fa ci sono stati gruppi di ricerca, anche in Europa, che hanno impiantato elettrodi all’interno del cervello umano per registrare l’attività elettrica dei neuroni con l’obiettivo di utilizzarla, attraverso dei passaggi molto complessi, per guidare dei dispositivi elettronici esterni.
Il merito che si può attribuire a Elon Musk e alla sua Neuralink è certamente però aver utilizzato un nuovo tipo di impianto formato da elettrodi tecnologicamente molto avanzati e in grado di essere perfettamente biocompatibili con il tessuto cerebrale.
Ad oggi il paziente è in fase di recupero e l’imprenditore parla di risultati promettenti.
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