Arriva l’olio extravergine di oliva con il DNA tracciato dal campo alla bottiglia, frutto degli ulivi monumentali che in Puglia sono 355mila già censiti e con la carta d’identità, un codice di identificazione univoco attribuito ad ogni esemplare, per tutelare un patrimonio inestimabile della Puglia. Ad affermarlo è Coldiretti Puglia, in occasione della presentazione dei risultati della sperimentazione digitale dell’App Ulìa, l’applicazione mobile per la tracciabilità dell’olio extravergine di oliva prodotto da olivi monumentali della Regione Puglia che ha coinvolto le aziende di Tenuta Chianchizza e Annese di Monopoli, con il dirigente della Sezione Competitività delle Filiere Agroalimentari del Dipartimento Agricoltura, sviluppo rurale e ambientale, Luigi Trotta, il responsabile del procedimento per il progetto App Ulìa, Francesco Matarrese, la Software Development & System Integration Manager per Mermec Engineering, Apollonia Netti e l’assessore regionale all’Agricoltura, Donato Pentassuglia.
“L’olio extravergine di oliva tracciato – spiega Coldiretti Puglia – è prodotto dalle olive di uno specifico ulivo monumentale, censito con un numero georeferenziato in un data base secondo la legge regionale di tutela degli ulivi monumentali del 2007, con la raccolte delle olive di 3 piante per azienda, con molitura e imbottigliamento separato, garantisce un percorso tracciato che valorizza e promuove il frutto del lavoro degli olivicoltori. Gli ulivi plurisecolari sono custodi non solo di storia ma anche, probabilmente, di elementi che potrebbero aiutare ad affrontare nel migliore dei modi il cambiamento climatico, afferma Coldiretti Puglia nel sottolineare che per questo motivo è assolutamente necessario lavorare per recuperare e rendere produttive il maggior numero possibile di queste piante”.
Nella Piana degli Ulivi Monumentali è altissima la concentrazione di ulivi monumentali con ben 250mila esemplari di pregio straordinario. Si stima che alcuni potrebbero addirittura avere un’età fino a 3.000 anni, con circonferenze che superano i 10 metri. Una ricchezza dal punto di vista storico e turistico sino ad oggi mantenuta in vita soprattutto grazie all’impegno di generazioni di agricoltori, anche a prezzo di sacrifici considerevoli. La gestione di un ulivo monumentale è, infatti – rileva la Coldiretti Puglia – molto più complicata, con rese produttive notevolmente più basse rispetto a una normale pianta, ma anche la necessità di procedere a una raccolta esclusivamente manuale e maggiori difficoltà a livello di potatura e trattamento.
La civiltà romana fu quella che più d’ogni altra contribuì alla diffusione dell’olivo e al perfezionamento – dice Coldiretti – delle relative tecniche di coltivazione e di estrazione. L’olio divenne una delle principali ricchezze dei Romani che conoscevano talmente bene il prodotto da mettere a punto tecniche e strumenti rimasti quasi invariati fino al XIX secolo e, per primi, classificarono gli oli in base alle loro caratteristiche organolettiche. Marco Porzio Catone (234-149 a.C.) e Marco Terenzio Varrone (116-27 a.C.) scrissero i primi “disciplinari di produzione” olivicoli, delineando i fondamenti teorici e tecnici che ancora oggi sono alla base delle produzioni di oli d’oliva di qualità con una gamma inimitabile di sentori, profumi, sfumature sensoriali e gradi di intensità.
Una cultura conservata nei secoli in Puglia – sottolinea Coldiretti regionale – la regione che da sola detiene un patrimonio di 60 milioni di ulivi, tra cui ci sono migliaia di esemplari monumentali e addirittura planetari. Un patrimonio minacciato dai cambiamenti climatici – aggiunge Coldiretti Puglia – dalle oscillazioni produttive e dall’emergenza Xylella che ha intaccato il patrimonio olivicolo di Lecce, proseguendo indisturbata il cammino di infezione a Brindisi, Taranto e arrivando fino alla provincia di Bari.
Peraltro, nell’intera provincia di Brindisi – denuncia Coldiretti Puglia – la continua avanzata della Xylella fastidiosa, con la presenza sempre più numerosa di oliveti con evidenti disseccamenti caratteristici dell’infezione dovuta al batterio, ha provocato conseguenze gravi nella parte sud del territorio provinciale anche sulla produzione ed una diminuzione del olio extravergine che in tali comprensori raggiunge anche il 50% rispetto alle annate precedenti.
Per provare ad invertire la rotta, Coldiretti e Unaprol sono impegnati nel recupero e nella manutenzione degli uliveti di alcuni tra i più importanti parchi archeologici italiani e nel tentativo di salvare la piana degli ulivi monumentali dal batterio della Xylella che sta distruggendo l’olivicoltura pugliese, perché dallo studio di piante plurisecolari si potrà arrivare ad individuare caratteri utili per la resilienza al cambiamento climatico, per il comportamento produttivo, per la versatilità nei confronti delle esigenze di intensificazione sostenibile della coltivazione dell’ulivo e per migliorare le caratteristiche salutistiche dei prodotti.