Nell’ambito dell’attivata finalizzata alla redazione delle dichiarazioni di successione operano una molteplicità di soggetti: centri elaborazione dati, Caaf, Patronati, geometri, fiscalisti, tributaristi, ecc. ecc. senza possedere, in taluni casi, le necessarie competenze legali e l’esperienza opportuna per non commettere errori che, seppur in vari casi possono non venire mai alla luce, altre volte sono di una rilevanza tale tanto da compromettere l’esito della vicenda.
Ne costituisce un esempio estremamente consistente quello relativo all’errore nella corretta individuazione degli eredi.
Nella pratica può infatti accadere, e l’esempio non costituisce meramente un caso di scuola o ipotetico ma una vicenda realmente accaduta nell’esperienza quotidiana, che il de cuius, non lasciando eredi legittimi, rediga un testamento olografo indicando come successori due persone estranee tra di loro e non legate al de cuius con alcun grado di parentela entro il sesto grado. In tale contesto, uno dei due “chiamati” all’eredità potrebbe, non raramente e per molteplici ragioni, rinunciare ad essa per svariati motivi; la stessa cosa potrebbero fare, in seguito, tutti i suoi aventi causa sino al sesto grado di parentela.
Il consulente “superficiale” potrebbe, a questo punto, ritenere che operi il principio del consolidamento di tutta l’eredità a beneficio dell’erede che abbia accettato la sua parte. La vicenda si presenta particolarmente delicata quando sono coinvolti beni immobili, e vi è l’espressa volontà del testatore di lasciare a ciascun erede un bene distinto dagli altri. Il principio sancito dall’art. 674 cc, concernente l’accrescimento, infatti, attiene l’evenienza che il testatore non abbia determinato le parti o le abbia indicate con quote in parti uguali, situazione che non sempre può ritenersi corrispondente a quanto invece stabilito nel testamento, dove spesso sono invece ben indicate le unità immobiliari spettanti a ciascuno.
Considerare in modo errato questa fattispecie genera errore nella compilazione della dichiarazione di successione, dove l’unico erede diviene intestatario dell’interezza del patrimonio immobiliare ma non lo è, benché risulti il proprietario di tutto nella visura catastale che chi ha predisposto la successione gli ha consegnato al termine dell’incarico. Infatti, l’erede che ha accettato avrebbe dovuto presentare istanza all’autorità giudiziaria competente ai fini della nomina di un curatore dell’eredità giacente o meglio vacante, con ulteriori oneri a suo carico primo tra tutti il patrocinio di un legale. Il curatore nominato ha l’onere di redigere l’elenco dei beni ereditari e consegnarlo all’Agenzia di del Demanio entro sei mesi dalla nomina, l’ente che rappresenta lo Stato e quindi colui cui spetta il diritto a ereditare in assenza di eredi o in caso di loro rinuncia fino al sesto grado di parentela.
Il danno per l’erede che ha accettato potrebbe essere particolarmente gravoso: si è fatto carico dell’interezza delle imposte di successione (che, non essendo parente, sono alquanto importanti), ha pagato le imposte comunali sulla proprietà, potrebbe aver pagato un’agenzia immobiliare per la vendita, potrebbe aver incassato un deposito a titolo di cauzione da parte del potenziale acquirente, potrebbe essersi fatto interamente carico delle spese tecniche necessarie a sanare eventuali irregolarità e aver pagato quanto necessario per sanare abusi edilizi, ecc. ecc.
Si troverebbe però di fronte ad una tragica sorpresa quando il notaio si rifiuterà di stipulare l’atto di vendita perché l’immobile non è interamente di sua proprietà e vi è stato un palese errore nella compilazione della dichiarazione di successione. Probabilmente l’acquirente a sua volta intenterà azione di richiesta danni, con restituzione del doppio della cauzione versata.
Per queste controversie, molto tecniche, potrebbe essere utile rivolgersi a legali che siano anche dottori commercialisti, in modo da ottenere in tempi celeri un parere circostanziato e, se poi richiesto, il rimborso del danno subito, che essendo emerso da un evidente e ingiustificabile errore potrebbe trovare soddisfazione, ove ben qualificato e circostanziato, senza dover ricorrere alle lunghe vie giudiziali ma in modo stragiudiziale.