La Procura di Trani ha impugnato la sentenza di primo grado relativa al disastro ferroviario avvenuto nel luglio 2016 sulla tratta Andria Corato, a Nord di Bari. Nell’incidente persero la vita 23 persone e altre 51 rimasero ferite. Lo scorso 15 giugno, in merito, il Tribunale aveva condannato solo due dei 17 imputati. Si tratta di Vito Piccarreta, il capostazione di Andria condannato a sei anni e sei mesi di reclusione e Nicola Lorizzo, il capotreno del convoglio Andria-Corato, condannato a sette anni di reclusione. In quell’occasione furono assolti 14 imputati a la società Ferrotramviaria, imputata per illecito amministrativo così sancendo che “si trattò solo di un errore umano” diversamente da quanto sostenuto dalla Procura secondo la quale il disastro si verificò perché non erano stati effettuati investimenti adeguati per i sistemi di sicurezza.
La Procura, nelle 373 pagine di ricorso, riportate dall’Ansa, chiede ora la riformulazione della sentenza alla Corte d’Appello di Bari evidenziando che “il Tribunale ha fornito una interpretazione adesiva alla prospettiva difensiva e non aderente invece alle prove”. Inoltre, secondo la Procura, “il collegio ha ritenuto che la responsabilità del tragico evento del 12 luglio sia ascrivibile unicamente alla condotta posta in essere da due dipendenti di Ferrotramviaria per desumerne che, poiché ‘il reato è stato commesso da soggetti dipendenti dell’ente, sottoposti ai poteri di direzione e vigilanza’, gravava sull’accusa l’onere di provare l’inosservanza degli obblighi di direzione e vigilanza, anche se l’ente era in ogni caso esente da responsabilità ove avesse dimostrato di avere adottato efficacemente modelli di organizzazione, gestione e controllo idonei a prevenire reati della specie di quelli verificatisi”.
“Il Tribunale – prosegue ancora la Procura – enumera alcune circostanze che dimostrerebbero che non vi è stata inosservanza degli obblighi di direzione e controllo: quanto riportato in questo atto di impugnazione consente di ritenere che in ogni caso vi fu inosservanza dei citati obblighi” ammettendo “da un lato che la sicurezza ferroviaria rientra tra i profili dei quali il datore di lavoro deve occuparsi e dall’altro non desume dalla assenza della previsione di adeguate misure idonee a prevenire il mancato distanziamento dei treni una radicale inadeguatezza sia del documento valutazione rischi che del modello organizzativo, riducendo il dovere di adottare misure efficaci alla mera osservanza di quelli che ritiene essere gli unici obblighi di legge dettati in materia” – conclude.
Foto repertorio