Nella giornata di ieri, i finanzieri del Comando Provinciale di Barletta hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere e due misure interdittive del divieto temporaneo di esercitare attività imprenditoriale rispettivamente nei confronti di tre indagati per una truffa nell’ambito delle erogazioni pubbliche relative ai cc.dd. “Sismabonus” e “Bonus Facciate”, pervenendo al sequestro di beni per un valore di oltre 6 milioni di euro.
Le indagini coordinate dalla Procura della Repubblica di Trani e condotte dal Nucleo di Polizia Economico-finanziaria di Barletta hanno accertato la strumentalizzazione delle agevolazioni (concesse dallo Stato al fine di contenere gli effetti negativi connessi all’emergenza epidemiologica da COVID-19) e della possibilità prevista dall’art. 121 del D.L. 34/2020 di cessione a terzi del medesimo credito d’imposta.
L’odierna attività costituisce il seguito di un altro provvedimento di sequestro di euro 72.192.235 eseguito lo scorso mese di ottobre nei confronti di n. 5 soggetti e n. 4 società indagati a vario titolo per il reato di truffa aggravata ai danni dello Stato; in tale precedente circostanza, infatti, gli indagati, mediante artifizi e raggiri consistiti nel trasmettere telematicamente all’Agenzia delle Entrate una moltitudine di comunicazioni di cessioni di credito con dati non veritieri, attestavano l’esecuzione di lavori edili di rilevante valore mai eseguiti e su immobili inesistenti, ovvero appartenenti a soggetti del tutto inconsapevoli.
Le nuove indagini dalle quali scaturiscono le odierne misure personali e reali hanno acclarato che i crediti illecitamente maturati, provenienti dal già contestato delitto di truffa aggravata ai danni dello Stato, venivano poi ricevuti nel “cassetto fiscale” delle società, accettati e successivamente reimpiegati nelle attività economiche delle medesime, al fine di compensare (indebitamente) le imposte dovute, neutralizzando di fatto la pretesa erariale dello Stato.
Le ulteriori attività espletate hanno consentito di accertare che gli indagati, per i quali vige il principio di non colpevolezza fino a condanna definitiva, in concorso tra loro e consapevoli dello stato d’insolvenza di una società già destinataria del sequestro di cui si è fatto cenno, hanno distratto, cedendoli ad altre società comunque riconducibili all’amministratore di fatto, i relativi contratti di affitto (attivo) di ramo d’azienda, al fine di sottrarli a quella misura ablativa e, conseguentemente, privando la stessa persona giuridica della capacità di produrre reddito e liquidità.