Un agente della polizia penitenziaria del carcere di Bari sarebbe stato aggredito, e colpito “ripetutamente al volto e al corpo”, da un detenuto della seconda sezione. A riferirlo in un comunicato è il Sappe, il sindacato autonomo della polizia penitenziaria, che spiega come l’agente sia stato costretto a ricorrere alle cure del pronto soccorso con una prognosi di dieci giorni. “Anche in questo caso – si legge nel comunicato – il detenuto in questione della provincia di Bari di circa 40 anni, in carcere per reati contro il patrimonio, ha girato parecchi penitenziari della Puglia e della Basilicata creando disordini, aggredendo detenuti e poliziotti”. Il sindacato, riferendosi all’udienza tenutasi ieri in Tribunale a Bari nel processo che vede imputati 5 agenti per tortura su un detenuto, si chiede “chi sono i torturatori? Un detenuto che senza alcun motivo colpisce un poliziotto mandandolo all’ospedale” o “dei poliziotti che rischiano di morire avvelenati dal fumo per salvare la vita ad un detenuto, e nel contempo violano i regolamenti carcerari ed aprono da soli 130 detenuti per evitare una sanguinosa rivolta e strage?”.
Il riferimento è proprio ai fatti per cui i cinque (insieme ad altri sei tra agenti e infermieri) sono a processo: prima del pestaggio il detenuto – che aveva problemi psichiatrici – aveva dato fuoco a un materasso costringendo gli agenti a evacuare le celle e l’intero piano. Il sindacato, prosegue la nota, “ritiene che un servitore dello Stato che compie atti vergognosi in maniera cosciente e violenta debba pagare molto di più di un normale cittadino, ma se nella concitazione di momenti molto difficili, stressanti come quelli accaduti quella notte da cui dipendeva la vita e la sicurezza di tante persone avvengono atti deplorevoli, questi non possono essere misurati sempre con lo stesso metro”.