Undici condanne, dagli 8 anni di reclusione a una sanzione pecuniaria di 60 euro. È quanto richiesto dalla Procura di Bari nel processo che vede imputati cinque agenti della polizia penitenziaria per le presunte torture commesse a danno di un detenuto psichiatrico, nel carcere di Bari, nell’aprile Giacomo Delia e Raffaele Finestrone. Sei anni sono stati invece richiesti per Francesco Ventafridda e 4 anni e 6 mesi per Antonio Rosati e Giovanni Spinelli. Questi ultimi rispondono del reato di tortura.
Un anno e otto mesi sono stati richiesti per il sovrintendente della polizia penitenziaria Vito Sante Orlando che risponde dei reati di falso in atto pubblico e rifiuti di atti di ufficio, mentre la condanna a un anno e sei mesi è stata sollecitata per Michele De Lido, a processo per abuso d’ufficio. Dieci mesi sono stati richiesti invece per Leonargo Ginefra che risponde di violenza privata e rifiuti di atti d’ufficio. Otto mesi per Francesco Valenziano che risponde solo del reato di rifiuti di atti d’ufficio. La multa di 60 euro è stata chiesta invece a due infermieri per omessa denuncia, in quanto, secondo l’accusa, assistettero al pestaggio, senza però intervenire.
Più nel dettaglio, secondo l’accusa, sei agenti della polizia penitenziaria, avrebbero torturato il detenuto, che allora aveva 41 anni, dopo che quest’ultimo aveva dato fuoco a un materasso nella sua cella. Le violenze sarebbero iniziate lungo il percorso dalla cella, sino all’infermeria, con il personale che, secondo quanto emerso, sarebbe intervenuto con “violenze gravi e agendo con crudeltà” scaraventando prima l’uomo sul pavimento, e poi colpendolo con calci e schiaffi sulla schiena, sul torace, sui fianchi e sul volto. Tra gli agenti coinvolti nel pestaggio c’è anche il sovrintendente Domenico Coppi, già condannato a tre anni e sei mesi di reclusione in un processo che si è celebrato con rito abbreviato. L’accusa è di tortura, rifiuto d’atti d’ufficio e falso. Rito abbreviato anche per il medico dell’infermieria, Gianluca Palumbo, condannato a un anno e due mesi per omessa denuncia. Infine, l’agente Roberto Macchia, che aveva scelto il rito abbreviato, è stato assolto dall’accusa di rifiuto d’atti d’ufficio in quanto “il fatto non costituisce reato”.
Tra gli agenti coinvolti nel pestaggio anche il sovrintendente Domenico Coppi, già condannato a tre anni e sei mesi di reclusione in un processo che si è celebrato con rito abbreviato per tortura, rifiuto d’atti d’ufficio e falso. Sempre in abbreviato è già stato condannato (con pena sospesa) a un anno e due mesi, per omessa denuncia, il medico dell’infermeria Gianluca Palumbo. L’agente Roberto Macchia, che pure aveva scelto l’abbreviato, è stato assolto dall’accusa di rifiuto d’atti d’ufficio ‘perché il fatto non costituisce reato’.
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