Non se ne sa abbastanza e molte persone la confondono con il comune mal di testa. Così, chi soffre di emicrania vede spesso banalizzata la propria sofferenza che, invece, è così intensa e frequente da avere un impatto devastante sulla vita. È il quadro emerso da un’indagine qualitativa condotta dall’Istituto Piepoli per Pfizer. La ricerca ha cercato di comprendere quali siano le difficoltà che vivono le persone che soffrono di emicrania e la consapevolezza sulla patologia. L’emicrania è una forma ricorrente di mal di testa: si presenta con dolore pulsante concentrato in uno o più punti della testa, a cui possono accompagnarsi frequentemente nausea, vomito, disturbi visivi, sensibilità alla luce, ai suoni, agli odori. È una malattia che in Italia colpisce 8 milioni di persone, in maniera episodica oppure ricorrente. Nelle forme croniche può presentarsi per più di 15 giorni al mese e, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, è la seconda causa di disabilità nel mondo.
Un dato, questo, confermato dall’indagine: “Il primo elemento emerso è il grande livello di sofferenza, spesso sottovalutata, che deve affrontare chi soffre di emicrania”, dice Livio Gigliuto, presidente esecutivo dell’Istituto Piepoli. “Un paziente ci ha detto: ‘È come se ci togliessero frammenti di vita’. Per chi soffre di emicrania, infatti, per alcune ore – ma talvolta per molto più tempo – è impossibile fare qualunque cosa: lavorare, relazionarsi con gli altri”. Si tratta di un livello di sofferenza che spesso è poco compreso da chi non soffre della malattia. Secondo la ricerca, infatti, nella popolazione l’emicrania è generalmente sinonimo di comune ‘mal di testa’ e viene spesso ricondotta ad una dimensione di normalità. In sostanza, un semplice malessere che la gran parte delle persone crede di aver sperimentato. Da ciò derivano stereotipi, pregiudizi, difficoltà a comprendere il disagio di chi ne soffre.
“Tanti pazienti dicono che il grande problema che vivono è la sottovalutazione di questa patologia”, spiega Gigliuto. “Lamentano di essere trattati come se stessero inventando una sofferenza. Non è affatto così”. Da qui le richieste dei malati: vorrebbero, sì, più ricerca in grado di fornire cure sempre più efficaci, ma anche un maggiore riconoscimento sociale della malattia. “Chiedono alle istituzioni di dare vita a una grade campagna di sensibilizzazione che permetta alle persone che soffrono di emicrania di essere socialmente considerata e poter superare questo stigma sociale che è un’aggiunta al tanto dolore che già provano per la patologia da cui sono affetti”, conclude Gigliuto.