“Il problema della violenza contro le donne ha bisogno di un intervento strutturale, in una società che non ha ancora svoltato completamente in una condanna senza se e senza ma, incondizionata, del potere di predominio dell’uomo sulla donna”. Lo afferma all’ANSA Fabio Roia, presidente del Tribunale di Milano e consulente della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio. “Sono convinto che il femminicidio – sostiene – sia un evento prevedibile ed evitabile almeno 9 volte su 10: su questo ci dobbiamo impegnare ancora di più”. Il 25 novembre, Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, Roia sarà a Firenze per partecipare a un incontro per la seconda giornata del festival ‘L’eredità delle donne’ intitolato ‘Fermiamo la violenza’, mentre nel Paese non si è spenta l’emozione per il femminicidio di Giulia Cecchettin. “E’ un fatto che ci ha emotivamente colpito – osserva Roia – e mi auguro che quando si spegneranno i riflettori su questo caso, come accadrà inevitabilmente, non passi una forma di assuefazione”.
Secondo il magistrato, nella nostra società sopravvive ancora “un compiacimento per quel modello di patriarcato dove l’uomo era al centro della relazione, e le famiglie continuano a trasmettere questo modello educativo alle nuove generazioni. C’è poi il mondo del web, dei social, attraverso il quale il messaggio violento e di predominio passa più facilmente, anche perché viene favorito l’anonimato e c’è un’accentuata forma di misoginia. Maggiore è l’affermazione della donna nel contesto sociale, e maggiore è la spinta reattiva di un uomo che non accetta un ruolo di subalternità”. Lo schema del femminicidio, secondo Roia, “è quasi sempre lo stesso: la donna decide unilateralmente di rompere una relazione, l’uomo non accetta la rottura, e comincia un’azione che piano piano si trasforma in un’attività persecutoria che poi porta al femminicidio”. La risposta giudiziaria, per il magistrato, è migliorabile perché “le leggi ci sono” ma ci sono anche “scoperture molto alte nell’ambito della magistratura”. Tuttavia, sostiene Roia, c’è anche un’azione culturale da praticare: “se fra uomini si fa una battuta sessista, chi la fa andrebbe isolato dai non violenti, e criticato per la sua performance. Allo stesso modo, chi sta vicino a una donna che è in una situazione che evidenzia una violenza, un compagno geloso che controlla il cellulare o gli spostamenti, deve essere una sentinella di sensibilizzazione, e consigliare questa donna a rivolgersi ai centri antiviolenza”.