La metà degli operatori attivi nel campo della salute mentale subisce atti di violenza mentre è in servizio. È quanto emerso dai risultati di un’indagine condotta dalla Società Italiana di Psichiatria (Sip). Lo studio, in particolare, coinvolge 2600 professionisti, di cui 1400 sono psichiatri, ed è stato presentato al XII Congresso Nazionale del Coordinamento Nazionale dei Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura (Spdc), attualmente in corso a Bergamo.
Entrando più nel dettaglio, i dati rivelano che il 49% degli operatori ha subito violenza sul lavoro nei due anni precedenti, il 27% ha affrontato episodi di violenza più di una volta. Il 74% ha ricevuto minacce verbali da parte dei pazienti negli ultimi tre mesi, di cui il 52% ha vissuto questa esperienza più di una volta. Inoltre, il 57% degli psichiatri si sente a rischio per la propria sicurezza sul posto di lavoro.
Solo il 7% degli psichiatri ritiene di avere una protezione sufficiente attraverso protocolli di sicurezza e collaborazione con le forze dell’ordine. Questi dati evidenziano una situazione critica, con gli psichiatri che denunciano la crescente difficoltà di gestire la presenza di pazienti autori di reato nei reparti di salute mentale, inviati dall’autorità giudiziaria.
“I risultati – ha evidenziato Emi Bondi, presidente del coordinamento Spdc e presidente Sip – “hanno confermato quanto si poteva percepire da tempo: una situazione di costante pericolo per chi lavora. Non solo dentro l’ospedale. Non dimentichiamo, inoltre, che oggi circa il 30% dei posti nei dipartimenti è occupato da pazienti autori di reato che possono mettere a rischio la sicurezza anche degli altri pazienti” – conclude. Parole a cui fanno eco quelle di Gianfranco Cerveri, direttore del Dipartimento Salute Mentale e Dipendenze Asst Lodi e coordinatore dell’indagine.
“Emergono tre necessità – evidenzia – adeguare il numero di posti letto per acuti che attualmente risultano insufficienti; trovare una soluzione legislativa per coniugare il diritto alle cure adeguate per i soggetti autori di reato con patologia psichiatrica e la sicurezza degli operatori e, infine, creare spazi di ricovero adeguati per rispondere ai bisogni di cura emergenti di pazienti sempre più giovani con problematiche nuove spesso connesse all’uso di sostanze stupefacenti” – conclude.
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