180 mila opere, 200 anni di arte interpretati e trasformati dall’Intelligenza Artificiale: ecco l’opera di Refik Anadol: “Unsupervised – Machine Hallucinations”
Se fino ad oggi, nella maggior parte dei casi, l’AI è stata utilizzata per esaminare, rielaborare e generare dati inerenti alla rappresentazione del mondo reale, questa volta il visionario Anadol, l’ha utilizzata per un progetto sui generis.
L’artista turco-americano ha infatti addestrato un sofisticato modello di apprendimento automatico per interpretare i dati disponibili al pubblico della collezione del MoMA, per creare un’unica grande installazione: “Unsupervisited”.
L’idea parte a seguito di uno studio approfondito sull’AI e sulla scoperta che determinati algoritmi, a seguito di determinati input, possono creare forme originali e mutevoli.
L’installazione si basa su opere codificate sulla blockchain, un registro digitale distribuito, che costituisce un registro pubblico dell’arte di Anadol ma non solo. A dare ancora più dinamicità al tutto è l’incrocio dei dati provenienti da una telecamera fissata sul soffitto proprio in corrispondenza dell’opera che riprendono il movimento dei visitatori e le condizioni meteorologiche fornite da una stazione di Manhattan.
Composta in totale da tre opere, Unsupervisited, viene proiettata su uno schermo di oltre sette metri.
Unsupervisited è in continuo movimento, non si ferma un attimo. Ruba colori, forme e dinamismo a migliaia di opere, alterna cambiamenti di luce e tonalità, sovrappone, accosta, divide infiniti dipinti. E’ un’opera che si genera e rigenera da tante altre.
Il titolo dato all’opera rimanda proprio all’assenza di supervisione, all’apprendimento non controllato che rappresenta un apice dell’applicazione delle tecnologie dell’AI all’arte contemporanea.
“Sto cercando di trovare modi per connettere i ricordi con il futuro e rendere visibile l’invisibile”.
Quello che vediamo è dunque frutto di quella che è la memoria visiva della macchina, che è anche la nostra rispetto alle opere, ma anche della “sensibilità” dell’opera stessa rispetto a ciò che la circonda.
L’AI “ascolta, vede e sente ciò che accade nel museo e lo trasforma in un sogno” spiega Arnold, ed è per questo che lo stesso la chiama “Scultura vivente di dati”.
Ad oggi l’opera è stata acquisita da MoMA e resterà nella collezione permanente del museo, ed è la prima IA Generativa all’interno dello stesso.
Il lavoro di Arnold è visionario, è assolutamente fuori da ogni schema; riporta a sogni, allucinazioni, irrazionalità. Propone un modo alternativo di fare e conoscere arte.
Foto: Refik Anadol Studio
Video: Youtube – Artist in New York City