Il Consiglio dei ministri ha approvato all’unanimità il disegno di legge sulle riforme costituzionali. La principale modifica riguarda l’elezione diretta del premier. Il disegno di legge ora può passare alla lunga maratona parlamentare. Tra le novità: il capo dello Stato può incaricare un parlamentare candidato nella stessa coalizione del premier dimissionario o sfiduciato, ma solo una volta. Se fallisce anche il piano B, il presidente della Repubblica ne prende atto e scioglie le Camere. Un’aggiunta che, secondo i più critici, è un ulteriore colpo di accetta ai poteri del Quirinale. Oltre che rafforzare, implicitamente, il ruolo del premier subentrante: è lui che diventa cruciale per lo scioglimento del Parlamento, avendo in mano l’unica e ultima chance per la sopravvivenza del governo.
La proposta di legge, che porta la firma della ministra Elisabetta Casellati, specifica che il capo del governo viene eletto dai cittadini “per la durata di 5 anni”. Nient’altro. Non aggiunge se e per quanto tempo potrà restare ulteriormente a Palazzo Chigi. Una lacuna che è il governatore leghista Luca Zaia a evidenziare per primo. Proprio lui che è al terzo mandato e senza più chance di ricandidarsi in Veneto, perché la legge non lo consente, denuncia a Repubblica: “E’ anacronistico che il futuro premier eletto non abbia il limite del mandato, mentre governatori e sindaci sì”. Un’anomalia che, seguendo il ragionamento di Zaia, stride con il modello del ‘sindaco d’Italia’ spesso evocato da alcuni esponenti del centrodestra come riferimento della riforma.
“E’ una “riforma costituzionale che introduce l’elezione diretta del presidente del consiglio e garantisce due obiettivi che dall’inizio ci siamo impegnati a realizzare: il diritto cittadini a decidere da chi farsi governare, mettendo fine a ribaltoni, giochi di palazzo e governi tecnici” o “passati sulla testa dei cittadini”, ha detto la premier Giorgia Meloni in conferenza stampa. L’altro obiettivo è “garantire che governi chi è stato scelto dal popolo” con “stabilità”.
“Negli ultimi 75 anni di storia Repubblicana abbiamo avuto 68 governi con una vita media di un anno e mezzo. Questa è la madre di tutte le riforme che si possono fare in Italia perchè se facciamo un passo indietro e guardiamo agli ultimi 20 anni abbiamo avuto 12 presidenti del Consiglio”, ha evidenziato Meloni. “Quando i governi vanno a casa dopo un anno e mezzo c’è una debolezza. Io credo che sia una riforma fondamentale. E’ una priorità e proprio perché siamo stabili e forti abbiamo la responsabilità di cogliere questa occasione e per lasciare a questa nazione qualcosa che possa risolvere i propri problemi strutturali”.
“Il ruolo del presidente della Repubblica è di assoluta garanzia e noi abbiamo deciso di non toccarne le competenze, salvo l’incarico al presidente del Consiglio” che viene eletto. ha detto ancora Meloni.
Il premier può essere “sostituito solo da un parlamentare: quindi fine dei governi tecnici. Non ci sarà più la possibilità di fare maggioranze arcobaleno. Non ci saranno i senatori a vita, fatto salvo per gli ex presidenti della Repubblica e gli attuali senatori a vita. Dopo il tagli dei parlamentari l’incidenza dei senatori a vita è molto aumentata”, ha osservato Meloni. “Il testo raccoglie i suggerimenti raccolti durante il confronto sia con la maggioranza sia con l’opposizione, sia con la società civile”, ha dichiarato la premier. Meloni ha auspicato un “provvedimento che possa incontrare il più ampio consenso” e che – dice – “non vogliamo imporre”.