Esaurita la pausa per gli impegni delle nazionali, torna il campionato di serie B. Il Bari del nuovo tecnico Pasquale Marino ha approfittato della sosta per ricaricare le energie fisiche e mentali in vista del ritorno in campo. I biancorossi saranno in scena sabato prossimo, allo stadio ‘San Nicola’, contro il Modena (fischio d’inizio alle 14). Per analizzare i temi di questo match e per fare il punto sul campionato dei galletti anche alla luce del recente cambio di guida tecnica, ci siamo affidati ad un doppio ex molto amato dai tifosi come Gabriele Messina.
Messina si è concesso a un’intervista in esclusiva ai microfoni di Borderline24.com per raccontare anche la sua carriera e parlarci dei suoi impegni attuali.
Gabriele, detto “Lele”, Messina, una vita nel calcio prima da calciatore, poi da tecnico e infine da direttore sportivo. Ora di cosa si occupa?
“Attualmente mi diletto come opinionista televisivo in una tv privata di Bergamo: seguo e commento le partite dell’Atalanta”.
Spesso si parla di calcio di una volta, di un calcio diverso. Ma secondo lei il calcio si è evoluto o è regredito?
“Per me il calcio è regredito perché noi eravamo tecnicamente più bravi. I calciatori attuali non sanno stoppare un pallone, in compenso sono atleti fisicamente preparati “.
Veniamo alla sua lunga carriera di calciatore. Tutto ebbe inizio nella sua città natale, Crotone. Era il 1974…
“Avevo compiuto da poco 18 anni e mi ritrovai in ritiro con la prima squadra dopo aver vinto la classifica cannonieri del campionato Berretti con 65 gol. La mia fortuna fu che, in quella stagione, il centravanti titolare del Crotone non firmò il prolungamento del contratto, così mi ritrovai titolare e segnai due reti in tre gare: da quel momento ho giocato sempre titolare”.
Nel corso della sua carriera è andato quasi sempre in doppia cifra. Che attaccante era Lele Messina?
“Mi piaceva partite da destra per poi accentrarmi. Tecnicamente ero dotato, avevo un gran tiro, una gran velocità e me la cavavo anche di testa: giocavo da seconda punta. Poi approdai all’Atalanta e feci molto bene, tanto da diventare un obiettivo di mercato della Juventus. Purtroppo mi feci male a dicembre, con la rottura totale del ginocchio e persi quel treno: ho impiegato 2 anni per riprendermi dall’ infortunio”.
In doppia cifra ci andò anche con la maglia del Modena: stagione 82/83, 32 presenze e 12 reti…
“Esperienza molto bella e positiva. Avevamo una buona squadra. Feci molto bene”.
Dopo Modena, l’approdo a Bari. Quanto fu importante la presenza di Bruno Bolchi sulla panchina biancorossa per convincerla a vestire la maglia dei galletti?
“Bolchi mi aveva allenato nell’Atalanta ed ero il suo pupillo. Mi ha voluto fortemente nel capoluogo pugliese. Per me è stato come un papà”.
‘Maciste’ Bolchi, scomparso lo scorso anno. Come vogliamo ricordarlo?
“Una persona squisita; in 20 anni di carriera non ho mai più trovato una persona come lui. Trattava tutti allo stesso modo. Gradiva la mia esuberanza sul terreno di gioco”.
Ha vestito la maglia del Bari per una sola stagione (83-84) collezionando 30 presenze e 12 reti (18 considerando la Coppa Italia) contribuendo alla promozione in B e alla storica cavalcata nella Coppa nazionale…
“La cavalcata in Coppa Italia fu un qualcosa di esaltante. La nostra forza era il gruppo, infatti quel Bari fece il doppio salto. Ma giunti in serie A, la società fece degli errori grossolani facendo fuori Lopez e altri calciatori che rappresentavano la spina dorsale della squadra”.
Perché le strade di Messina e del Bari si divisero?
“Ero il calciatore che aveva più richieste anche se non volevo andar via. L’ex ds biancorosso Janich mi promise al Palemo: la società rosanero mi fece una proposta irrinunciabile. Lo stesso Bolchi mi disse che feci bene ad accettare”.
Che rapporto costruì con i tifosi biancorossi? Da quanto tempo manca da Bari?
“Sono stato a Bari il mese scorso in occasione di un evento organizzato per celebrare la nostra vittoria a Torino. Ho fatto un giro nel centro città e molti tifosi mi hanno riconosciuto e si sono fermati per farsi delle foto con me: sinceramente non me l’aspettavo, visto che sono passati tanti anni. I tifosi del Bari mi hanno sempre voluto bene e non gradirono la mia cessione. Ero molto legato alla curva e ogni qual volta segnavo, andavo ad esultare sotto quel settore”.
E veniamo al Bari dei giorni nostri. I biancorossi hanno cambiato guida tecnica: via Mignani per Marino. Che ne pensa?
“Devo ancora mandare giù quel gol di Pavoletti all’ultimo secondo. Secondo me gli errori principali dello scorso anno e di quello in corso, sono da imputare al tecnico Mignani: non ha saputo giocarsi al meglio le carte che aveva in mano. Per me il Bari la serie A l’ha persa nella gara d’andata a Cagliari: era una partita da vincere viste le tante occasioni che abbiamo fallito. Poi, nella gara di ritorno, non puoi difenderti per novanta minuti anziché giocare la partita a viso aperto”.
Mignani paga i troppi pareggi, un atteggiamento poco propositivo e, secondo la dirigenza biancorossa, una scarsa valorizzazione dell’attuale rosa. E’ d’accordo?
“Ma non scherziamo: questa squadra non è più forte rispetto a quella della scorsa stagione. Il grave errore è stato quello di confermare Mignani: doveva andar via dopo la finale e per un semplice motivo: dopo aver fatto quel grande campionato, sarebbe stato difficile far meglio. Poi vorrei aggiungere una cosa che mi da molto fastidio: il Bari non può essere la succursale del Napoli! Perché i migliori calciatori biancorossi devono essere ceduti al Napoli? E’ una roba inguardabile. Se l’organico dello scorso anno fosse stato puntellato, invece che smantellato, quest’anno il Bari avrebbe vinto il campionato in solitaria”.
Da ex attaccante, crede Nasti e Diaw siano sufficienti per affrontare il campionato di B da protagonisti?
“A questo Bari sarebbe servito un attaccante alla Messina. Nasti è un giovane che farà strada sicuramente ma è ancora troppo acerbo, mentre Diaw ha trascorso più tempo in infermeria che in campo e non lo vedo ancora integrato nella squadra. Dopo aver venduto Folorunsho e Cheddira, dovevano acquistare due punte di valore. Basta vedere squadre come Palermo, Parma e Venezia: hanno attaccanti forti che fanno gol. Poi, se devo dirla tutta, a me non piace neanche il portiere Brenno: non mi sembra tanto affidabile e, soprattutto, continuo”.
La classifica del campionato cadetto ci dice che Parma Palermo e Venezia hanno una marca in più, col Catanzaro sorpresa del torneo. Il Bari è fuori dai giochi promozione diretta?
“E’ ancora lunga, ma se non rinforzano la squadra a gennaio la vedo dura”.
Sabato c’è Bari Modena, che partita si aspetta? Per chi farà il tifo?
“Ho visto giocare il Modena diverse volte. E’ una bella squadra guidata da un tecnico bravo di scuola ‘zemaniana’ come Bianco: giocano sempre la palla e sono pericolosi in attacco. Ovviamente farò il tifo per il Bari, c’è poco da discutere su questo”.