É incostituzionale la disposizione che vieta ai presidenti e ai membri degli organi direttivi delle strutture territoriali delle Federazioni sportive e delle discipline sportive associate di ricandidarsi qualora avessero svolto già tre mandati. Lo ha stabilito la Corte Costituzionale con la sentenza numero 184 depositata oggi affermando che il divieto “definitivo e irreversibile contrasta con il principio di proporzionalità”. Con la sentenza, relatore il giudice Daria De Pretis, la Corte ha chiarito che, sebbene il fine della norma di evitare “rendite di posizione” e garantire la par condicio fra i candidati sia legittimo e possa giustificare limitazioni all’accesso alle cariche, la radicalità della misura censurata contrasta con il principio costituzionale di proporzionalità che, nel bilanciamento degli interessi contrapposti, impone di mantenere le limitazioni di taluni di essi entro quanto strettamente necessario allo scopo perseguito. Dunque, il divieto definitivo di ricoprire le cariche – dice la Consulta in una nota – comprime oltre tale limite gli altri interessi in gioco e, in particolare, l’autonomia organizzativa delle federazioni sportive, il diritto di candidarsi di chi ha già svolto tre mandati e la libera scelta dei votanti.
L’eliminazione, nello scorso mese di agosto, del divieto censurato (con l’art. 39-bis del d.l. n. 75 del 2023) non muta – ha precisato la Corte – i termini della questione, in quanto i giudizi a quibus vanno decisi applicando le norme all’epoca vigenti. La dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 16, comma 2, ultimo periodo, del d.lgs. n. 242 del 1999, riguarda l’inciso ‘nonché ai presidenti e ai membri degli organi direttivi delle strutture territoriali delle federazioni sportive nazionali e delle discipline sportive associate’, nella parte in cui estendeva agli organi territoriali il divieto previsto per gli organi direttivi centrali delle federazioni sportive (posto dall’art. 16, comma 2, secondo periodo, del medesimo d.lgs. n. 242 del 1999, nel testo vigente prima delle modifiche apportate dall’art. 39-bis del d.l. n. 75 del 2023, come convertito). La pronuncia non investe peraltro quest’ultimo divieto, relativo agli organi centrali, in quanto nei giudizi a quibus veniva in rilievo esclusivamente la disposizione riguardante le cariche negli organi territoriali.