Le indagini che hanno portato oggi all’esecuzione delle 62 misure cautelari (cinque indagati sono tuttora irreperibili) hanno portato alla luce “l’organizzazione piramidale” – scrivono gli inquirenti – su cui si poggiava l’associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga nel sud Barese, sotto l’egida del clan Capriati di Bari vecchia.
Preoccupante anche la presenza di giovanissimi nell’organizzazione: “In carcere sono finiti due giovani di 26 e 20 anni, estremamente spregiudicati e dai metodi subdoli. Abbiamo intercettato una conversazione in cui si proponevano di punire un acquirente che non pagava mischiando l’eroina da vendergli con veleno per topi”. “Queste indagini, strategicamente molto importanti – sottolinea il sostituto procuratore della Dda, Federico Perrone Capano – hanno avuto un impulso rilevante durante la pandemia. Il lockdown ha portato i membri dell’organizzazione e i consumatori a rifornirsi di stupefacenti attraverso il telefono, il che ci ha dato la possibilità di ottenere diversi riscontri”. L’organizzazione aveva una cassa comune e parte degli introiti veniva versata ai vertici, che ordinavano anche “spedizioni punitive” nei confronti degli spacciatori ritenuti infedeli. “Abbiamo intercettato in diretta – ha spiegato la pm Silvia Curione – un sequestro di persona nei confronti di un pusher considerato ‘traditore’, che è stato picchiato e a cui è stato tolto il telefono. In un altro caso, a Bisceglie, una spedizione punitiva è fallita solo perché la pistola utilizzata
per uccidere si è inceppata”.
Rilevante anche il ruolo delle donne: “Non è una novità – sottolinea il coordinatore della Dda Francesco Giannella – in molti casi ricoprono anche posizioni di vertice, oltre che di aiuto per mariti e compagni”. Indagata anche la moglie del boss Filippo Capriati, Angela, che non è stata sottoposta a misura cautelare.