Salgono a 237, in Italia, i casi confermati di infezione da virus del West Nile nell’uomo dall’inizio di maggio (erano 205 nel precedente bollettino). Tra questi sono stati notificati 13 decessi, di cui 5 Piemonte, 6 Lombardia e 2 Emilia-Romagna.
Lo rileva l’ultimo bollettino dell’Istituto superiore di sanità aggiornato al 13 settembre. Dei 237 casi identificati, 138 si sono manifestati nella forma neuro-invasiva (24 Piemonte, 41 Lombardia, 17 Veneto, 1 Liguria, 47 Emilia Romagna, 3 Puglia, 1 Sicilia, 3 Sardegna), 58 casi sono stati identificati in donatori di sangue.
Il primo caso di infezione da febbre del Nilo della stagione è stato segnalato dall’Emilia-Romagna nel mese di luglio nella provincia di Parma. Da allora sono arrivate a 49 le Province con dimostrata circolazione del virus appartenenti a 9 Regioni: Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Emilia-Romagna, Puglia, Sicilia e Sardegna. Attualmente non esiste un vaccino per la febbre West Nile e l’unico strumento preventivo è la riduzione dell’esposizione a punture di zanzare, durante il periodo favorevole alla trasmissione. Il periodo di incubazione dal momento della puntura della zanzara infetta varia fra 2 e 14 giorni, ma può essere anche di 21 giorni. Fra i casi sintomatici, circa il 20% presenta sintomi come febbre, mal di testa, nausea, vomito, linfonodi ingrossati, manifestazioni cutanee. I sintomi più gravi si presentano in media in meno dell’1% delle persone infette (1 persona su 150) e comprendono febbre alta, tremori, convulsioni, fino alla paralisi e al coma. Ne dà notizia l’Ansa.