“Ho visto uno dei due ragazzi che erano con me circondato da alcuni uomini che lo stavano colpendo. Allo stesso tempo notavo un uomo alto circa un metro e 90, molto robusto e vestito di scuro che, brandendo una mazza scura, credo un manganello, urlava in dialetto ‘Andatevene merde, qui comandiamo noi'”. A parlare agli inquirenti è una testimone dell’aggressione, attribuita a militanti di Casapound, avvenuta a Bari il 21 settembre 2018 contro i partecipanti della manifestazione ‘Bari non si Lega’. La manifestazione fu organizzata in concomitanza con la visita in città dell’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini. La testimonianza della donna di origine etiope, resa ai poliziotti della Digos cinque giorni dopo gli scontri, è stata acquisita oggi nel corso dell’udienza del processo che vede imputati 18 militanti di Casapound per i reati – a vario titolo – di riorganizzazione del partito fascista e lesioni personali aggravate. “Tra via Crisanzio e via Eritrea – si legge ancora nel verbale – c’era un silenzio del tutto inusuale, uno strano clima di tensione che non riuscivo a spiegarmi perché non stava accadendo nulla.
Poi mi sono accorta della presenza di circa una quarantina di persone schierate davanti alla sede di Casapound, che occupavano tutta la sede stradale di via Eritrea, da marciapiede a marciapiede. Poco dopo ho visto due ragazze che venivano nella nostra direzione avvertendoci di non avvicinarci, dicendo ‘Non andate di là perché quelli menano'”. In udienza è stata acquisito il verbale anche di un’altra donna, cittadina italiana di origine eritrea: “I militanti di Casapound avevano delle catene appese ai passanti dei pantaloni, altri impugnavano delle mazze”. Poi, continua la testimonianza, “alle mie spalle sentivo urlare ‘Fermi, ci sono i bambini’, mi sono voltata e ho sentito urla e rumore di schiaffi. A quel punto mi sono messa a correre spingendo con forza il passeggino di mia figlia”. Nella prossima udienza del 14 dicembre verranno ascoltati gli imputati che hanno chiesto di essere sentiti.