Durante questa estate di rincari, dall’impennata dei prezzi della benzina al costo spropositato delle spiagge, sono stati diversi i consumatori che hanno denunciato costi extra non dichiarati o conti da capogiro al ristorante. Dal supplemento di due euro chiesti per dividere un toast a metà in un bar sul Lago di Como al conto da 60 euro per tre pizze (divise in otto) a Genova. Come è possibile difendersi in questi casi? Ecco come risponde Altroconsumo.
Prezzi e supplementi devono essere esposti
Bar e ristoranti stabiliscono liberamente i loro prezzi e il cliente non può fare contestazioni fin quando l’attività del ristoratore è svolta in maniera regolare. È comunque obbligatorio esporre i prezzi praticati e gli eventuali supplementi, per esempio per un servizio notturno o al tavolo. È importante controllare attentamente la lista delle consumazioni prima di ordinare e rifiutarsi di pagare un costo superiore a quello che vi si trova scritto.
No alle maggiorazioni ingiustificate
I prezzi non possono essere maggiorati arbitrariamente a seconda del cliente o del tipo di metodo di pagamento utilizzato. In questi casi, chiunque si trovi ad assistere a situazioni simili può denunciare il fatto e richiedere l’intervento della Polizia Municipale.
Che fare se l’esercente rifiuta pagamenti elettronici
Cosa succede se invece l’esercente rifiuta di accettare metodi di pagamento elettronici? In teoria, dato che è la legge a stabilire che è un diritto del consumatore quello di pagare con carta di credito o di debito, è possibile non pagare il bene o il servizio. Allo stesso tempo, c’è però anche il diritto dell’esercente o del professionista a essere pagato. Che fare, allora? Se sei in difficoltà, puoi chiamare la Guardia di Finanza o la Polizia locale per denunciare l’accaduto. Questo potrebbe convincerlo ad accettare pagamenti diversi dal contante, ma comporterebbe anche una sanzione per l’esercente che non accetta carte di pagamento.