Era il 4 settembre 2013 quando la psichiatra barese Paola Labriola fu sorpresa da un paziente e uccisa a coltellate nel Centro di Salute mentale di via Tenente Casale a Bari. Proprio lì, davanti al luogo in cui le è stata tolta la vita, lunedì 4 settembre alle 18 si terrà un sit in organizzato dall’Osservatorio Paola Labriola e da G.I.R.A.F.F.A. Onlus che a lei ha dedicato il Centro antiviolenza del quale ha inaugurato un secondo sportello, nell’ambito di del progetto “Second Life” realizzato con il sostegno di Fondazione con il Sud, negli spazi della Casa delle Donne del Mediterraneo.
L’invito per tutte e tutti è alle 18 del 4 settembre in via Tenente Casale con lo psicologo Vito Calabrese vedovo di Paola Labriola e Maria Pia Vigilante presidente dell’associazione G.I.R.A.F.F.A.. All’indomani dell’annuncio da parte del Comune di Bari dell’apertura di un Centro di Salute Mentale, la richiesta dell’Osservatorio si fa ancora più pressante: si chiede un’apertura e non un annuncio.
“Sono dieci anni dalla morte di Paola – ha affermato Vito Calabrese, anche presidente dell’Osservatorio Paola Labriola – Noi dell’Osservatorio in questi lunghi anni abbiamo cercato con tutte le nostre forze di trovare dei possibili significati alla sua tragica scomparsa. Il centro di via Casale dove Paola lavorava ed è stata assassinata, da allora è stato lecitamente chiuso, perché era inadeguato, ma incredibilmente non è stato più riaperto nel quartiere.
Sarebbe stato giusto per elaborare quel lutto sociale, aprirne un altro, più bello ed efficiente e dedicarlo a Paola. Invece quella lacerazione, quella ferita, quel capovolgimento di senso è stato colpevolmente lasciato marcire nel nulla dell’oblio. Come gli individui, anche le istituzioni, dopo un’atrocità possono rimanere bloccati come in incubo in cui al semaforo scatta il rosso per sempre, senza poter più proseguire. La Psichiatria ha perso da tempo una visione globale dell’uomo, ma è vergognoso che non abbia tentato, essendo una disciplina che ha tutti gli strumenti per elaborare il lutto e la sofferenza, di comprendere quella morte e ridare una speranza agli operatori, per evitare il ripetersi di una simile violenza”.
Secondo l’Osservatorio, la psichiatria ha distolto lo sguardo e il risultato di questa distrazione è ad esempio la morte della psichiatra Barbara Capovani uccisa lo scorso 21 aprile a Pisa all’uscita dal turno di lavoro all’ospedale Santa Chiara. “Non aprendo più un Centro di Salute Mentale nel quartiere Libertà – ha concluso Calabrese – è come se fossero stati colpevolizzati i suoi cittadini. Noi chiediamo con forza di rimediare a questo scandalo sociale”.