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Puglia, esplodono gli affitti brevi: i piccoli alberghi sono in crisi

In dieci anni scomparsi in Italia 2790 hotel a 1 e 2 stelle. In Puglia si stanno estinguendo

Pubblicato da: redazione | Dom, 30 Luglio 2023 - 17:26
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Sulle principali piattaforme di affitti turistici brevi si contano ormai circa 500 mila proposte di appartamenti e stanze private/condivise. Un boom che sta avendo un grave impatto sul mondo dell’accoglienza alberghiera in Italia. In particolare, su alberghi e pensioni a gestione familiare, che un tempo rappresentavano un “punto di forza” del sistema ricettivo nazionale ma che ora faticano a restare sul mercato: in dieci anni, sono scomparsi 2.790 hotel a uno e due stelle, sempre più schiacciati dalle aggressive politiche tariffarie degli hotel di categoria superiore e al tempo stesso sopraffatti dall’aumento delle proposte di appartamenti in affitto.

È quanto emerge da un’analisi sul sistema ricettivo italiano condotto da CST per Assohotel, l’associazione che riunisce le imprese della ricettività turistica alberghiera Confesercenti.

I piccoli alberghi, infatti, non riescono più a competere non solo con le strutture medio/grandi, che hanno una maggiore capacità finanziaria ed economica, ma anche con il fenomeno degli appartamenti, che hanno costi di gestione del tutto marginali rispetto a quelli delle imprese ricettive e sono privi di obblighi sul livello minimo dei servizi. Le difficoltà gestionali dei piccoli hotel derivano anche dalla necessità di assicurare lo standard delle dotazioni e dei servizi quotidiani previsti dalle rispettive normative regionali, oltre dalla necessità di presidiare le principali piattaforme online che, come è noto, chiedono commissioni elevate. Insomma, un sistema fin troppo competitivo e difficile da governare per un numero sempre maggiore di piccole imprese.

“Gli affitti brevi legati ai periodi vacanzieri hanno messo in ginocchio gli alberghi a 1 e 2 stelle fino allo loro ‘quasi’ estinzione – denuncia Giancarlo De Venuto, presidente Assohotel Confesercenti Puglia, il quale spiega che tale fenomeno ‘è legato sicuramente alla diminuzione del potere di spesa e di acquisto dei turisti della classe media sociale. Non solo. I tour operators non trovando offerte a basso costo nei tre stelle si orientano – gioco forza – verso l’offerta dei 4 stelle inducendoli ad applicare tariffe più basse di quanto siano disposti a spendere in altre zone d’Italia dove il problema della destagionalizzazione non esiste, ma che dalle nostre parti è particolarmente subìta dagli operatori del settore.

Il fenomeno della moltiplicazione incontrollata delle strutture extralberghiere – aggiunge De Venuto – agisce da anni anche sui mercati medio/alti con il turismo legato alle masserie, dimore di pregio, agriturismi, b&b, ville private. Queste strutture – pur non avendo una licenza alberghiera – offrono pernottamenti brevi a tariffe più alte rispetto a quelle degli hotel nonostante i costi di gestione siano nettamente più bassi e non incidono sul Pil pugliese come accade per il mercato alberghiero. Questo è un mercato ‘dopato’ che scoraggia gli investitori per lo più stranieri ad investire nella ricettività di lusso e allontana la creazione di imprese stabili e occupazione duratura nel tempo.

Viceversa  – continua De Venuto – incoraggia le speculazioni immobiliari che non generano effetti stabili e duraturi sul territorio, creano una concorrenza sleale con le strutture alberghiere, lo svuotamento dei centri storici, lo scontento dei residenti per i numerosi flussi che non sempre si riesce a gestire in maniera adeguata. Aggiungo che lo sviluppo turistico sregolato si traduce – per i residenti – nell’aumento esponenziale dei prezzi degli affitti, dei servizi, dei beni di consumo. È urgente una più attenta regolamentazione condividendo le strategie di sviluppo con gli operatori e le associazioni di categoria coinvolte”.

Nel 2011 in Italia c’erano 10.266 hotel a 1 e 2 stelle che offrivano il 13,3% dei posti letto del settore alberghiero. Oggi ne restano 7.476 e garantiscono il 9,6% dei posti letto del comparto. Il loro ridimensionamento non è legato alle difficoltà del periodo pandemico, visto che dal 2011 il calo medio annuo è stato del 3%. Dieci anni fa gli hotel a 1 stella in Italia erano 3.612 e nel 2022 sono scesi a 2.385. Stesso trend per i 2 stelle che nel 2011 contavano 6.654 imprese e nel 2022 si sono ridotti a 5.091. In termini percentuali il calo dei primi è stato del 34% e la diminuzione dei secondi si ferma al -23,5%. Una situazione particolare, dalla quale non sfuggono nemmeno i 3 stelle che in 10 anni hanno registrato una diminuzione del -2,5%.

Nel 2022 il maggior numero di hotel a 1 e 2 stelle era concentrato nelle regioni del Nord Est (43,7%), mentre nelle regioni del Sud e Isole erano distribuite solo il 13,5% del totale. Proprio in queste aree negli ultimi 10 anni si è registrata la diminuzione percentuale più elevata, a differenza delle regioni del Centro dove la diminuzione si è fermata al -20%.

“La deregulation di fatto in cui si è sviluppato il mercato degli affitti brevi in Italia sta portando a gravi squilibri nel comparto ricettivo”, commenta Vittorio Messina, Presidente di Assohotel Confesercenti. “Stiamo favorendo le non-imprese a tutto svantaggio delle attività imprenditoriali, che sono sottoposte ad un prelievo fiscale più oneroso e sostengono costi maggiori per essere in regola con la normativa, ad esempio per le questioni di sicurezza. Condividiamo dunque pienamente l’obiettivo principale della proposta di legge sulle locazioni brevi del Governo, ossia quello di regolamentare il fenomeno, auspicando che vada effettivamente nella direzione di eliminare ogni incertezza normativa ed ogni forma di concorrenza sleale”.

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