Il barese Giuseppe Ranieri, coinvolto nel processo ‘Casa Rossa’, avviato dopo un’indagine della Direzione distrettuale antimafia di Bari, ha denunciato lo Stato italiano alla Corte europea dei diritti dell’uomo, chiedendone la condanna “per la irragionevole durata del processo”, che lo ha coinvolto per 27 anni. Attraverso i suoi legali, Massimo Roberto Chiusolo e Attilio Altieri, il 55enne ha presentato ricorso spiegando che il procedimento ha “gravemente pregiudicato la vita personale e sociale” e lo ha “segnato sotto l’aspetto psicologico, nella vita sociale, nell’ambito lavorativo e finanche in quello familiare”.
Il procedimento, per i reati di traffico internazionale di stupefacenti e detenzione e spaccio di droghe pesanti, riguarda fatti accertati fra il 1995 ed il 1996. Dopo 27 anni lo scorso gennaio la Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio la sentenza della Corte di Appello di Bari, che aveva ritenuto sussistente il sodalizio criminale condannando tutti gli imputati. I giudici della Suprema Corte hanno infatti dichiarato i reati estinti per prescrizione, essendo trascorsi 27 anni dalla commissione. Gli avvocati spiegano in una nota di aver denunciato lo Stato italiano anche sotto un ulteriore profilo, che riguarda “la dichiarazione di prescrizione pronunciata dalla Cassazione. Tale formula di estinzione del reato non era stata mai sollecitata dal Ranieri – spiegano – che si era sempre dichiarato innocente e si era battuto per dimostrare la propria estraneità ai fatti” e sarebbe stata “pronunciata dalla Suprema Corte senza prima interpellare, sul punto, l’imputato all’esito di una udienza nel corso della quale lo stesso procuratore generale della Corte di Cassazione aveva sollecitato l’annullamento con rinvio della sentenza emessa dalla Corte di Appello di Bari nei confronti del Ranieri”.