Una stand-up comedy esilarante e irriverente, come solo lui sa fare. Maurizio Battista torna a Bari e lo fa in grande stile, sul palco del Teatro Petruzzelli martedì 30 maggio, alle 21, con il suo nuovo spettacolo, intitolato “Ai miei tempi non era così”, con l’organizzazione di Aurora Eventi. Pochissimi biglietti ancora in vendita, su ticketone.it e in tutti i punti vendita del circuito TicketOne, e a partire dalle 19 al botteghino del Petruzzelli.
Il testo dello show, scritto dallo stesso Battista insieme a Fabrizio Gaetani, Gianluca Giugliarelli e Gianni Quinto si muove sul filo dei ricordi e della nostalgia dei tempi andati. Ma senza piangersi addosso, anzi: ricordare ciò che era (e non è più, o si è trasformato sensibilmente) permette a Battista di scatenare la consueta comicità corrosiva che lo contraddistingue, in un continuo slalom di battute. Senza per questo urtare i paletti dell’ipocrisia e dell’ignoranza, così di moda oggi. Durante lo spettacolo Battista è supportato dalla musica dei Los Locos, dalle canzoni di Renato Zero interpretate dal suo erede naturale «Daniele Si Nasce» e dalla comicità del collega Dado, sempre pronto a smascherare inganni e sotterfugi della contemporaneità.
“Siamo veramente sicuri – spiega il comico romano – che il passato coincida con l’idea di “vecchio”, e il presente con l’idea di un “nuovo” che ci costringe ad arrancargli dietro, fino a farci invecchiare prima del tempo? E chi l’ha detto che la felicità consista in un accumulo di “effetti speciali”, o non piuttosto, com’era una volta, nel sapersi divertire con talmente poco che eravamo noi a sentirci “speciali”?”.
Durante lo spettacolo Battista riempirà la scena con gli ingredienti che l’hanno reso famoso: un ritmo esplosivo, l’interazione con il pubblico, le fragorose e fulminanti risate. Non solo: farà scatenare la platea sulle hit degli anni ‘90, e la scena riprodurrà anche una sala cinematografica di tanti anni fa, nella quale, attraverso la proiezione di vecchi lungometraggi, capiremo come di questa presunta modernità ci siamo fatti appunto un «film», che non corrisponde ai nostri bisogni reali.