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Bari, l’ex Alessandro Gazzi: “Giocare al ‘San Nicola’ non è per tutti”

L'ex centrocampista biancorosso ha parlato delle sue esperienze a Bari e Reggio Calabria, ma anche del suo rapporto con i tifosi e la piazza di Bari

Pubblicato da: Nicola Lucarelli | Gio, 11 Maggio 2023 - 18:31

“Con il rosso non si passa” cantavano i tifosi del Bari nei primi anni 2000. Chiaro ed inequivocabile riferimento a quel centrocampista dai capelli rossi che giganteggiva nel centrocampo dei galletti. Stiamo parlando di Alessandro Gazzi da Feltre. Uno degli idoli silenziosi della tifoseria biancorossa che ha segnato un’epoca del calcio barese. Un professionista serio, una persona umile e disponibile.

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L’ex centrocampista biancorosso si è concesso a un’intervista in esclusiva ai microfoni di Borderline24.com per raccontare la sua carriera,  il suo passato a Bari e Reggio Calabria, ma anche per commentare la fase cruciale del campionato che sta vivendo la squadra di Mignani.

Da guerriero del centrocampo ad allenatore. Prima nello staff dell’Alessandria, ora come vice allenatore dell’Under-17 del Torino. Come sta vivendo questa nuova vita da tecnico?

“Sto imparando un lavoro nuovo, cercando di studiare e migliorare per comprendere meglio il ruolo dell’allenatore. Ma mi sto divertendo tanto…”

Ha appeso le scarpe al chiodo nel settembre 2022 e ha immediatamente intrapreso la carriera da allenatore. Insomma, pochi dubbi: il suo presente e futuro sono ancora nel mondo del calcio…

“Come allenatore non ho fatto ancora nulla. Sono solo un collaboratore tecnico. Il calcio è la mia vita e ora è cambiata la prospettiva con la quale osservo il mondo del pallone: sto conoscendo un nuovo mondo.”

Quali i suoi obiettivi da giovane allenatore?

“Innanzitutto voglio capire meglio il ruolo del tecnico. Imparare a conoscere i calciatori e a relazionarmi con loro. Per non parlare delle metodologie d’allenamento. Sto cercando di capire come potrebbe essere la mia strada da allenatore. Da qui a uno, due o tre anni può succedere qualsiasi cosa.”

Ma Alessandro Gazzi non vive di solo calcio. Scrive libri e racconti, è appassionato di rock e di letteratura. Ha studiato al Dams e si sta laureando in scienze motorie…

“A luglio dovrei discutere la tesi, manca poco ormai. La letteratura e la musica rock sono passioni che ho sempre avuto. Nel 2016 ho aperto un blog: mi piace scrivere e pubblico i miei pensieri. Ascolto musica alternativa.”

Un professionista serio, una persona umile che per il calcio ha anche sofferto. Due i momenti cruciali: il primo nelle giovanili della Lazio, il secondo proprio a Bari…

“Mantenere una sorta di equilibrio quando sei un calciatore non è semplice. Le difficoltà comunque ti formano e ti fanno crescere. Quando ero a Bari, mi feci male alla prima di campionato e per due/tre mesi ebbi delle difficoltà per riprendermi e giocavo con la paura. Ma sono cose normalissime nel mondo del calcio.”

Tornando alla sua carriera da calciatore. Ha militato in tanti club importanti come Bari, Torino e Palermo. Quale la soddisfazione più grande da calciatore e quale la delusione più amara?

“Sicuramente i successi conseguiti a Torino e Bari. Mi riferisco all’Europa League fatta con i granata e la promozione in serie A col Bari di mister Conte. La delusione più grande resta la retrocessione in B nel secondo anno di Ventura, sempre a Bari. Ma sono tutte esperienze che fanno parte del percorso di un calciatore.”

Ha indossato anche la maglia della Reggina (prossimo avversario del Bari in campionato) nel 2007. La prima esperienza in serie A con Walter Mazzarri allenatore.

“Esperienza bellissima, la prima in serie A. Andai via da Bari negli ultimi minuti del calciomercato invernale. In quella stagione la Reggina ricevette ben 11 punti di penalizzazione ma riuscimmo a salvarci, mettendo insieme 51 punti.”

A Bari invece ha segnato un’epoca. Arrivato nel 2004 voluto da Guido Carboni, andò via nel 2011. Diverse parentesi, campionati differenti, tanti allenatori e compagni di squadra. Tante gioie, qualche delusione. Da scrittore, come racconterebbe l’avventura barese?

“A Bari sono stato sette anni e ho avuto modo di conoscere un mondo tutto nuovo. Venivo dalla provincia di Belluno e quando arrivai nel capoluogo pugliese fu come entrare in un’altra realtà: trovai gente molto più espansiva e socievole. Esperienza che mi ha fatto crescere dal punto di vista calcistico ed umano. Ho miliardi di ricordi di Bari e purtroppo non ci vengo da molto tempo. Dal punto di vista sportivo, bilancio sicuramente positivo. I primi anni non veniva nessuno allo stadio perchè c’era la contestazione nei confronti dei Matarrese. Si parlava sempre di cessione societaria, ma non accadeva mai. E’ stato comunque un crescendo ed è stato bello rivedere il San Nicola ripopolarsi.”

E’ stato protagonista nel Bari di Antonio Conte e in quello di  Gian Piero Ventura. Due stagioni fantastiche e vincenti. Quali le principali differenze tra i due allenatori?

“Due allenatori molto diversi tra loro. Conte era un allenatore emergente ed ambizioso: trasmetteva a noi calciatori la sua voglia di vincere. Ventura era più pacato nei toni, anche se quando c’era da infervorarsi, non si tirava indietro. Inoltre, l’ex ct della nazionale aveva un modo di giocare più ragionato e meno aggressivo rispetto a quello di mister Conte.”

Col Bari anche sei reti. Si ricorda il primo? Quale il più bello?

“Con il Bari ho segnato sei reti? Non me lo ricordavo. La prima rete la realizzai contro l’Arezzo al novantesimo minuto: gol vittoria in una partita molto noiosa. Poi ricordo con grande piacere un gol contro l’Atalanta che ci permise di vincere per 2-1. Dal punto di vista estetico non fu una rete memorabile: una ‘ciabattata’ di destro con la palla che terminò all’angolino. Un gol da 3 punti in un momento non felice per noi.”

E con i tifosi baresi che rapporto aveva?

“Ho sempre percepito la loro stima e il loro affetto. E tutto questo mi ripagava per quanto facevo in campo. Non ero il tipo da gesti o esultanze estreme, ma loro mi apprezzavano comunque. Mi sono sempre sentito benvoluto.”

Crede che la piazza di Bari eserciti troppa pressione sui calciatori?

“Giocare in uno stadio come il San Nicola con un gran pubblico, certe volte può condizionarti. Ricordo che, quando entravo in campo e si giocavano partite dove c’era in ballo qualcosa di importante o si poteva fare un salto di qualità, avevo la sensazione che ci fosse pressione. Questo capitava soprattutto a chi veniva dalle categorie inferiori e non era abituato a giocare davanti a tutta quella gente. Solo gente come Ronaldo o Modric non ci fa caso se gioca davanti a 50 o 80 mila spettatori. Ma non mi riferisco solo ai tifosi ma a tutto il contesto. Mi è capitato di giocare una gara amichevole allo stadio “Della Vittoria” e in quello stadio le cose erano già diverse. Credo che per una città come Bari lo stadio San Nicola sia troppo grande e dispersivo. Uno stadio da 40 mila posti sarebbe l’ideale. Fermo restando come l’impianto progettato da Renzo Piano sia superlativo.”

E veniamo al Bari dei giorni nostri. Segue i galletti? Che idea si è  fatto del campionato disputato sino a questo momento dalla squadra di Mignani?

“Stanno disputando un grande campionato in una serie B sempre equilibrata. Mignani sta facendo un ottimo lavoro per essere al primo anno di B”

Giusto avere qualche rimpianto per non aver raggiunto la promozione diretta?

“Nessun rimpianto: il Genoa ha uno squadrone e il Frosinone è da due anni che sta costruendo qualcosa d’importante grazie al direttore Angelozzi.”

Come vede i prossimi playoff? Quale l’avversario più temibile per il Bari?

“Credo che il Cagliari sia l’avversario più pericoloso. Ma neanche le altre squadre sono da sottovalutare.”

Intanto sabato c’è Bari Reggina. Calabresi in grosse difficoltà, Bari che deve tornare necessariamente a vincere.

“Partita molto complessa, soprattutto dal punto di vista dell’approccio mentale. Senza dimenticarci come, nella fase finale del campionato, ci sono variabili che possono incidere sull’andamento di un match.”

Per chi farà il tifo?

“Chiaramente tiferò per il Bari. In genere tifo per tutte le squadre nelle quali ho giocato. A Reggio ho trascorso sei mesi indimenticabili, ma non posso dimenticare i sette anni in biancorosso. Ho tanta stima per la gente di Reggio Calabria”.

 (foto Karim el maktafi)

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