Nuovi segnali preoccupanti arrivano dal fronte del commercio al dettaglio. Il dato sulle vendite segnalato da Istat registra, ancora una volta, andamenti sotto lo zero se considerati in volume ed in confronto con il 2022, a segnalare il fatto che le vendite in valore sono ‘drogate’ dall’alto livello dell’inflazione.
Preoccupata la Confesercenti: “Di questo passo -spiega l’associazione di categoria – la nostra previsione che il 2023 si chiuderà con un calo del volume delle vendite del -2,5% rischia di essere ottimistica: un crollo di cui risentiranno soprattutto le piccole superfici. Questo vale sia per le vendite totali, che passano da 5,9 a -3%, sia per la grande distribuzione che registra un calo di quasi 1 punto sempre in volume”.
Secondo l’ufficio studi Confesercenti a risentirne sono, soprattutto, le piccole superfici: “stimiamo una riduzione di oltre 5 punti in tre mesi, sempre in volume. A pesare è l’onda lunga dell’inflazione energetica: le famiglie subiscono i contraccolpi della riduzione del potere d’acquisto ed erodono i risparmi per cercare di mantenere i propri consumi: ma l’effetto prezzi è incalzante e le quantità acquistate continuano a diminuire. Il dato più preoccupante per i consumi è il tasso di incertezza e certamente non giova, in questa fase, l’aumento dei tassi di interesse e la previsione di un ritorno alla crescita delle tariffe energetiche.
In questo contesto -continua la Confesercenti – il taglio del cuneo fiscale annunciato dal Governo non può che dare una boccata d’ossigeno ai consumi. Si tratta, però, solo di un primo passo, che rischia di essere insufficiente se non accompagnato da nuove misure a sostegno di famiglie ed imprese: bisogna spingere l’acceleratore sulla riforma del fisco che va anticipata, almeno in parte, per aiutarle a fare fronte al quadro incerto. È fondamentale, inoltre, ridurre la pressione fiscale che grava sui lavoratori attraverso, lo ribadiamo, una defiscalizzazione degli aumenti retributivi”.