Alimentari e carrello della spesa continuano a crescere ancora a ritmi vertiginosi. Tanto che le associazioni dei consumatori parlano di una vera e propria “emergenza”. L’inflazione è cresciuta a marzo del 7,6% e ciò equivale ad una maggiore spesa di 2.223 euro annui in più per la famiglia “tipo”, valore che sale a 2.879 euro per un nucleo con due figli.
Ma sono fortissime le differenze territoriali in Italia sul fronte dei prezzi al dettaglio. Bari riesce a tenere rispetto ad altri capoluoghi italiani, posizionandosi a metà della classifica delle città dove l’inflazione cresce di più a marzo e quindi rispetto alle relative ricadute di spesa sulle famiglie in base ai consumi medi dei cittadini residenti. Con un aumento dell’inflazione del 7,5%, nel capoluogo pugliese i baresi si troveranno ad affrontare una maggiore spesa di 1.301 euro anni, rispetto alla media nazionale di 2.879 euro.
Genova è la città dove l’inflazione cresce di più a marzo, con un tasso del 9,8%, fanalino di cosa Potenza, dove i prezzi aumentano solo del 4,8% su base annua. A Bolzano e Milano le ricadute più pesanti, con la famigli “tipo” che a causa dell’inflazione spende oltre 2.200 euro in più su base annua.
Secondo quanto spiega il Codacons in seguito ai dati diffusi qualche giorno fa dall’Istat, “la frenata dell’inflazione registrata a marzo dall’Istat è purtroppo una illusione ottica dovuta al ribasso delle bollette di luce e gas, mentre i beni più acquistati dalle famiglie, dagli alimentari al carrello della spesa, continuano a crescere a ritmi vertiginosi”
Il ribasso dell’inflazione è dovuto ancora una volta unicamente alla discesa delle tariffe di luce e gas sul mercato tutelato e su quello libero, ma per tutti gli altri prodotti siamo ancora in presenza di una emergenza prezzi, con il carrello della spesa che sale del 12,6% su anno.