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La Puglia che cambia, la rivoluzione dell’energia e dell’ambiente

Il Politecnico in prima linea in Italia con il progetto Nest

Pubblicato da: redazione | Ven, 14 Aprile 2023 - 19:52
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Il mantra sul cambiamento climatico scuote, ma non troppo, l’opinione pubblica. L’inerzia al necessario cambiamento è ancora evidente. Forze di sistema, legate al capitale e ai condizionamenti della finanza non facilitano una fondamentale presa di coscienza diffusa (consapevolezza) in grado di riflettersi su nuovi condivisi comportamenti dei cittadini e sulla politica. Eppure, come ha tenuto a sottolineare il Presidente, Sergio Mattarella, il momento del cambiamento è, ora, non rinviabile.

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sanita.puglia.it

Alle modifiche climatiche in atto, che si manifestano con più sfaccettature: siccità, desertificazione, migrazioni, inquinamento, amplificate dallo sfruttamento delle risorse fossili e naturali, dal consumo di suolo, dall’aumento della popolazione mondiale (8 miliardi!) e dalla squilibrata diffusione della ricchezza sul pianeta è necessario rispondere subito con scelte obbligate, anche drastiche, ma funzionali a mitigare effetti negativi sempre più presenti e incisivi. Con il cambiamento bisognerà convivere, diventa strategica la capacità di adattamento a nuove condizioni. Da più parti intanto, incoraggiati anche dalle promettenti disponibilità di fondi legati al PNRR, ci si rivolge al mondo della scienza, della ricerca per avere indicazioni, soluzioni da mettere in atto su scale locali e nazionali.

L’ambiente e il cambiamento climatico impattano fortemente con la produzione e l’utilizzo dell’energia. Le relazioni, “Fonti rinnovabili, cambiamento climatico ed energia” sono stati al centro di una tre giorni pubblica itinerante, gli “Energy Talk” (3-4-5 aprile), tenutosi a Bari, Brindisi e Lecce, proposte dal Gruppo Hope, società pugliese, attiva nel settore delle energie rinnovabili, con il supporto del Poliba.

Il primo incontro, tenutosi al Kursaal Santa Lucia di Bari ha visto la partecipazione di Francesco Cupertino, Rettore del Politecnico di Bari, Mario Tozzi, ricercatore del CNR e divulgatore scientifico, Michele Scoppio, Amministratore unico del Gruppo Hope e gli interventi dell’Assessore regionale allo sviluppo economico, Alessandro Delli Noci, del Vice sindaco di Bari, Eugenio Di Sciascio e di Annamaria Minunno, in qualità di moderatrice.

«Il cambiamento climatico e l’attuale crisi energetica ci mettono davanti a delle sfide cruciali che come cittadini, imprenditori e rappresentanti delle Istituzioni abbiamo l’obbligo di accogliere» ci dice Michele Scoppio, Amministratore di Hope Group. Mario Tozzi, dal suo punto di osservazione, tiene a precisare che, “ancor prima delle soluzioni da mettere in campo, è essenziale trasferire da subito gli investimenti impegnati nella produzione di energie fossili (petrolio, carbone, gas) a quelle rinnovabili (eolico, fotovoltaico, idrogeno, altro). Non solo. Indispensabile è il contestuale risparmio energetico e ad una efficientazione dell’uso dell’energia”.

Azioni di contrasto e d’esempio al cambiamento climatico possono trovare spazio in Puglia, prima regione italiana per produzione di energie rinnovabili. Il Politecnico di Bari, riferimento scientifico del territorio e del sud, è impegnato, in collaborazione con altre università e centri di ricerche europei e nazionali, nello studio e sperimentazione di nuove soluzioni tecnologiche.

Con l’intervista che segue al Rettore del Politecnico di Bari, alcuni contenuti del confronto pubblico.

Prof. Cupertino, da dove si comincia nel cambiamento che prima ancora d’essere tecnologico richiede un cambio di pensiero, di sistema.

Dobbiamo parlare con un nuovo vocabolario che ci parli di nuove risorse e di nuove possibilità di utilizzo di queste risorse, nella prospettiva di un modello di sviluppo che dovrà essere necessariamente più sostenibile dell’attuale. La Puglia è una regione storicamente povera di risorse naturali ma ricca di talenti, di inventiva e di capacità di innovazione che, nel tempo, si è tradotta in un preciso meccanismo di sviluppo. La nostra regione può costituire un esempio. Ha tutte le carte in regola.

In tale contesto territoriale come si pone il Politecnico? C’è una esperienza concreta, diretta a cui guarda, esempio di avvenuto cambiamento?

La Puglia, fino allo scoppio della prima guerra mondiale è stata una terra votata fondamentalmente all’agricoltura e alla pastorizia. La sua civiltà è stata prettamente contadina. La realizzazione dell’Acquedotto pugliese ha rappresentato una pietra miliare, la svolta al cambiamento immobile, secolare. L’Acquedotto è stata un’opera colossale alla base della quale c’è stata l’esigenza di portare l’acqua, bene primario, in un territorio naturalmente povero. La necessità ha aguzzato l’ingegno e ne è nata una infrastruttura eccezionale: il più esteso in Europa, capace di portare l’acqua dalle sorgenti e dagli invasi di Campania e Basilicata fino ai comuni più remoti delle province pugliesi.

L’opera idraulica ha gettato le basi e l’esigenza di formare una nuova classe di tecnici specializzati e ingegneri. E qui che risiede il DNA della Facoltà di Ingegneria di Bari Per contribuire, infatti, alla realizzazione e manutenzione di quell’opera essenziale per lo sviluppo della regione, nel 1944 furono avviati i primi corsi di ingegneria dell’Università di Bari, passati al Politecnico nel 1990, anno della sua istituzione. Già allora era chiaro di affiancare agli investimenti in infrastrutture quelli nella formazione di profili tecnici specializzati, che sarebbero stati indispensabili non solo per realizzare l’infrastruttura ma, soprattutto, per formare la classe dirigente capace di gestirla e di trasformare l’opportunità in occasione di sviluppo duraturo. Oggi quell’antico, mai dimenticato rapporto, AQP-Ingegneria Poliba vive e si rafforza con comuni intenti di collaborazione.

L’Acquedotto in Puglia è stata una esperienza rivoluzionaria, vincente. Oggi la nuova rivoluzione richiesta è coniugare ambiente-energia pulita-sviluppo. In che modo bisogna approcciarsi?

Come accaduto ai tempi della realizzazione dell’Acquedotto pugliese, oggi la Puglia ha la possibilità di trasformare una carenza di risorse, in questo caso l’energia che serve alle industrie, in una grande opportunità di sviluppo. Oggi come allora bisogna investire nella capacità di fare innovazione. Nell’ambito della transizione energetica, con riferimento all’eolico, Terna, Società Italiana delle Reti di trasmissione dell’energia elettrica, presenta nuove dorsali costituite da installazioni di impianti off-shore in Italia. La Puglia ha una posizione privilegiata, per i tratti di mare caratterizzati da intensa ventosità. La mappa di Terna segue infatti la logica della distribuzione dei siti più favorevoli in base alla ventosità: Sardegna, Sicilia, basso Adriatico. Per poter collegare questi nuovi impianti alla rete elettrica e permettere la distribuzione dell’energia prodotta in Italia e nel resto d’Europa, sarà necessario rafforzare i collegamenti elettrici della rete nazionale, ma non solo. Per Terna la Puglia sarà al secondo posto per investimenti in Italia con oltre 1,9 miliardi di euro nei prossimi dieci anni. Prevista la rete Hypergrid, per aumentare la capacità di scambio dell’energia tra il sud e il nord del Paese. Questi aspetti tecnici favorirà un’evoluzione, inevitabile, del sistema energetico verso un modello sempre più multidisciplinare. Serviranno, insomma, competenze tradizionali in ambito energia, ma saranno essenziali anche altre discipline, dall’elettronica all’informatica, dall’ingegneria gestionale alle telecomunicazioni.

Come 100 anni fa fece AQP bisogna formare nuove professionalità per nuove occupazioni

La transizione energetica è una straordinaria opportunità anche per l’occupazione: le imprese del settore elettrico sono pronte ad assumere ragazze e ragazzi con le giuste competenze in tutta Italia. Il Piano 2030 del settore elettrico, prevede di creare 540.000 nuovi posti di lavoro in Italia. Il mondo della formazione ha un ruolo fondamentale per orientare gli studenti verso i green jobs. E’ importante dunque, da una parte che gli studenti conoscano quali sono le professionalità che verranno sempre più richieste dalle imprese della transizione energetica, dall’altra è necessario fornire ai ragazzi le competenze e le capacità per poter scegliere verso quale tra queste figure professionali orientarsi.

Quali sono le nuove figure che serviranno al mercato del lavoro?

Numerose e diversificate. Ingegneri elettronici, ingegneri meccanici, esperti della gestione dell’energia, installatori di impianti, informatici ambientali, tecnici per la gestione e la progettazione dei progetti energetici, data analyst, certificatori della qualità ambientale, esperti di edilizia green, solo per citarne alcuni.

E il Poliba cosa sta facendo in questa direzione?

Siamo la settima scuola di ingegneria in Italia per dimensione. Negli anni l’offerta formativa si è specializzata e ha puntato sulla qualità: Ingegneria informatica e automazione, Telecomunicazioni, Gestionale e Design. Successivamente, Ingegneria dei Sistemi aerospaziali e Ingegneria dei Sistemi medicali. Quest’anno è stata avviata, con l’Università del Salento, la magistrale in Ingegneria Energetica e le magistrali in Trasformazione digitale e Ingegneria della Gestione delle infrastrutture civili su cui puntiamo molto. I risultati ci premiano: abbiamo il più alto tasso di occupazione dei laureati in Italia con il 96.5% sulle magistrali (dati Almalaurea). Insomma stiamo preparando i nuovi professionisti del futuro.

Torniamo ai temi dell’ambiente e dell’energie rinnovabili. Secondo l’AIE – Agenzia Internazionale dell’Energia – per centrare l’obiettivo zero emissioni nel 2050 c’è la necessità di disporre di una grande quantità di nuove tecnologie. Che ne pensa?

Si, l’AIA si affaccia al tema con previsioni che delineano le prospettive e gli impegni della ricerca per i prossimi trent’anni: ipotizzando una diffusione a tappeto delle tecnologie esistenti, si potrà ridurre le emissioni di CO2 solo del 25%. Con le tecnologie che attualmente sono in fase di sviluppo, potremo abbattere un ulteriore 40% di emissioni. Per abbattere il restante 35%, invece, serviranno nuove tecnologie, attualmente inesistenti. Pr raggiungere l’obiettivo entro il 2050, dunque, significa che abbiamo complessivamente 27 anni per metterle a punto e per goderne gli effetti pratici. Si tratta di una grande sfida per l’umanità.

In molti vedono nel PNRR, diventato quasi una formula magica, la chiave di svolta anche per il settore ambientale-energetico. Ma è davvero così?

E’ sicuramente un’occasione irripetibile. Mobilità, energia, trasformazione digitale: stiamo puntando sulle tematiche che saranno determinanti per lo sviluppo sostenibile nei prossimi anni. Nell’ambito delle attività di ricerca, il PNRR tramite il Ministero dell’Università ha finanziato una rete nazionale di ricerca sul tema delle energie verdi del futuro, della quale il Politecnico, come capofila del progetto, sarà Hub in Italia. Il progetto si chiama NEST– Network 4 Energy Sustainable Transition (valore 118 milioni di euro) ed è un partenariato esteso con altri 24 partner pubblici e privati a livello nazionale. Due i suoi grandi obiettivi: sviluppare, attraverso la ricerca scientifica, nuove tecnologie per la produzione di energie pulite e utilizzare i risultati della ricerca per favorire la nascita di startup e imprese innovative. Questo significa che nei prossimi anni il Politecnico di Bari avrà la responsabilità di guidare la ricerca delle principali università italiane, insieme al CNR, ENEA e alcune tra le più importanti aziende del settore, per dare un contributo alla conversione energetica del Paese.

Startup e imprese innovative. Passano da qui i test dell’innovazione e del futuro.

Il Poliba non a caso ha scelto di investire nel sostegno a nuova impresa innovativa, dotandosi di un incubatore di startup. Si chiama BINP è una società consortile senza scopo di lucro, che vede la presenza del Politecnico di Bari come soggetto di riferimento e si avvale di partner istituzionali e industriali che abbiano un forte interesse e radicamento sul territorio locale. È tempo di scelte che ci permettano di creare nuove imprese e nuova occupazione.

Tutto questo, in ultima analisi, potrà consentirci di colmare il gap di tecnologie e di competenze necessarie, ridurre le emissioni inquinanti e garantire un futuro sostenibile alle future generazioni.

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