A determinare gli effetti protettivi del vino sul cuore potrebbe essere la sua capacità di agire su alcuni grassi presenti nel sangue, chiamati ceramidi. È l’ipotesi che arriva dall’IRCCS Sacro Cuore di Negrar (Verona) che, insieme all’Università scaligera, avvierà a breve un dottorato di ricerca all’interno del quale si cercherà di dimostrare se l’assunzione lieve-moderata di vino può avere effetti cardiovascolari benefici agendo sulla riduzione di questi lipidi. Il gruppo di ricerca ha già condotto diversi studi che hanno dimostrato che le ceramidi tendono ad aumentare il rischio di malattia coronarica e di recidiva di eventi cardiaci come l’infarto, anche in persone trattate farmacologicamente in modo ottimale per la riduzione del colesterolo cattivo LDL. “I benefici del consumo lieve-moderato di vino sono stati ampiamente dimostrati, in particolare l’assunzione di vino rosso è stata correlata a un minor rischio di malattia coronarica”, spiega Stefano Bonapace, cardiologo al Negrar.
“Studi epidemiologici e metanalisi hanno principalmente attribuito questo risultato alla grande varietà di composti polifenolici presenti nel vino rosso, come il resveratrolo che inibisce la formazione di fattori infiammatori che causano malattie cardiovascolari”, aggiunge. I meccanismi biologici responsabili di questi effetti non sono, però, a oggi completamente chiariti. L’effetto protettivo sembra legato a un aumento nel sangue del colesterolo buono HDL e a una riduzione dell’ossidazione del colesterolo cattivo LDL. “Non vi sono dati sul possibile effetto del vino sulle ceramidi, che sembrano avere un ruolo di ‘facilitatori’ nel processo di aterogenesi favorendo con vari meccanismi la deposizione del colesterolo cattivo LDL nella parete delle arterie causandone così la progressiva ostruzione”, aggiunge Bonapace. “Lo studio mira proprio a cercare di chiarire attraverso un’assunzione controllata in modo sperimentale di una certa quantità di vino, se parte dell’effetto benefico di questa popolare bevanda sul sistema cardiovascolare possa passare anche attraverso la modificazione nel sangue di queste ceramidi che, in prospettiva, potrebbero diventare un nuovo target terapeutico”, conclude.