“Nonostante gli innumerevoli appelli all’amministrazione penitenziaria, alla magistratura, ai prefetti, alla politica (più di una interrogazione parlamentare al ministro della giustizia senza risultato), la situazione lavorativa nel carcere di Taranto e nelle altre carceri pugliesi da Foggia a Lecce, da Trani a Bari, da Brindisi a Turi e nelle altre, diventa sempre più pericolosa e massacrante”. Tuona il Sappe nell’ennesimo comunicato diffuso a mezzo stampa.
“Gli eventi critici – si legge nella nota – determinati dai detenuti violenti o con gravi problemi psichiatrici non adeguatamente curati sono ormai all’ordine del giorno, con i poliziotti abbandonati a se stessi e costretti a carichi di lavoro non più accettabili. Proprio mentre scriviamo, nel carcere di Foggia due poliziotti sono stati aggrediti da un detenuto e sono finiti entrambi al pronto soccorso del nosocomio foggiano ove si trovano tuttora, mentre nel penitenziario di Taranto un altro detenuto ha sferrato un pugno ad un altro poliziotto costringendolo anche in questo caso, a ricorrere alle cure del pronto soccorso.
A questo punto Il SAPPE, sindacato autonomo polizia penitenziaria – prosegue la nota – avendo esaurito ogni strumento per attirare l’attenzione di tutti sulla grave situazione penitenziaria pugliese dopo una serie di incontri con i lavoratori che sono ormai esasperati e demoralizzati, ha deciso di porre in essere una forma di protesta eclatante e singolare, e cioè lo sciopero bianco che consiste nel rigido ed inflessibile rispetto del regolamento penitenziario e delle leggi che regolano la vita carceraria.
Attuare lo sciopero bianco vuol dire nei fatti bloccare o rallentare le attività di un carcere a partire dai colloqui sia visivi che telefonici dei detenuti con i familiari; l’uscita dei ristretti per l’ora d’aria; i colloqui con educatori ed assistenti sociali; i corsi di formazione e scolastici; le visite mediche; i trasferimenti dei detenuti presso altre carceri, i palazzi di giustizia nonché i presidi sanitari. Il SAPPE – si sottolinea – ritiene che la protesta debba partire dal carcere di Taranto ove la situazione risulta essere la più esplosiva, poiché un poliziotto è costretto a gestire da solo un intero piano detentivo con tre sezioni ed oltre 200 detenuti senza avere nemmeno il tempo di consumare un pasto oppure di andare al bagno durante le 8,9 ore lavorative,(800 detenuti con un organico che ne può gestire 350), ma che poi si allargherà a macchia d’olio in tutte le altre carceri pugliesi, imprevedibili disagi al funzionamento dei penitenziari.
Perché a nessuno interessa il fatto che nelle carceri pugliesi si violano od aggirano le leggi in materie molto importanti quali la cura e la salute dei detenuti a partire da quelli con problemi psichiatrici? Oppure le norme che vietano il fumo? O le leggi che regolano la vita dei detenuti all’interno delle carceri? Nel passato nelle carceri in cui queste forma di protesta estremamente corretta poiché rispetta la legge è stata messa in atto, ha creato problemi – conclude – per cui si sono presi immediati provvedimenti”.