La Puglia ha dovuto dire addio ad 1 vasetto di miele su 3 (35%) con una raccolta condizionata da siccità ed eventi estremi che hanno causato la perdita di oltre 130 milioni di quintali di cibo. E’ quanto emerge dall’analisi della Coldiretti Puglia, sulla base dei dati del report dell’Osservatorio nazionale miele che registra un deficit produttivo fino al 40% nel 2022 con un picco negativo proprio sulla Puglia, ad eccezione della zona foggiana.
In Puglia sono 1070 le aziende apistiche che si prendono cura di 32.000 alveari e 13.00 sciami, che producono – aggiunge Coldiretti Puglia – numerose tipologie di miele, dal ricercato alle mandorle agli agrumi, dalle clementine al rosmarino al timo, fino al fiordaliso, sulla, eucalipto, coriandolo, trifoglio e millefiori, con una crescita sensibile della presenza di donne e giovani a condurre le aziende apistiche.
Se la carenza di piogge ha consentito voli di raccolta regolari da parte delle api, le alte temperature e la mancanza di acqua con fioriture anticipate hanno costretto gli apicoltori a partire prima verso le aree montane e a portare razioni di soccorso e acqua negli alveari già nei primi giorni di agosto. I raccolti della prima parte della primavera e dell’estate hanno sofferto in particolare per le ondate di calore. Il 2022 è stato l’anno più caldo mai registrato prima con la temperatura media superiore di quasi un grado (+0,98°) con la caduta del 30% di precipitazioni in meno rispetto alla media storica del periodo 1991-2020, secondo le elaborazioni Coldiretti sulla banca dati Isac Cnr che evidenziano come la stessa anomalia si conferma anche nei primi mesi di quest’anno.
Le difficoltà delle api – sottolinea la Coldiretti Puglia — sono un pericolo grave per la biodiversità considerato che sono un indicatore dello stato di salute dell’ambiente e servono al lavoro degli agricoltori con l’impollinazione dei fiori. Con 3 colture alimentari su 4 dipendono in una certa misura per resa e qualità dall’impollinazione dalle api, tra queste ci sono le mele, le pere, le fragole, le ciliegie, i cocomeri ed i meloni. Ma oltre alla situazione climatica dell’anno più caldo di sempre i “pastori delle api” hanno dovuto fare fronte anche all’esplosione dei costi per le tensioni internazionali generate dalla guerra in Ucraina: dai vasetti di vetro alle etichette, dai cartoni al gasolio. In Italia si consuma circa mezzo chilo di miele a testa all’anno, sotto la media europea che è di 600 grammi ma un terzo rispetto alla Germania. Un patrimonio messo a rischio dalle importazioni dall’estero cresciute di quasi il 18% nei primi undici mesi del 2022 rispetto allo stesso periodo del 2021 anno in cui il totale delle importazioni è risultato superiore ai 24 milioni di chilogrammi.
Per evitare di portare in tavola prodotti provenienti dall’estero, spesso di bassa qualità, occorre – consiglia la Coldiretti – verificare con attenzione l’origine in etichetta oppure di rivolgersi direttamente ai produttori nelle aziende agricole, negli agriturismi o nei mercati di Campagna Amica. Il miele prodotto sul territorio nazionale, dove non sono ammesse coltivazioni Ogm a differenza di quanto avviene ad esempio in Cina, è riconoscibile attraverso l’etichettatura di origine obbligatoria fortemente sostenuta dalla Coldiretti.
La parola Italia deve essere presente per legge sulle confezioni di miele raccolto interamente sul territorio nazionale (Es. Miele italiano) mentre nel caso in cui il miele provenga da più Paesi dell’unione Europea, l’etichetta – conclude la Coldiretti – deve riportare l’indicazione “miscela di mieli originari della Ue” indicando il nome dei Paesi (ad esempio, se viene da Italia e Ungheria sul barattolo dovrà esserci scritto Italia, Ungheria); se invece proviene da Paesi extracomunitari deve esserci la scritta “miscela di mieli non originari della Ue” con il nome dei Paesi, mentre se si tratta di un mix va scritto “miscela di mieli originari e non originari della Ue”, anche qui con l’indicazione dei nomi dei Paesi.