Paola Rizzo, 41 anni, laureata in scienze dell’educazione, coordina il centro antiviolenza “Giraffa” dal 2008. Mamma di due bambini, Rizzo ha anche una lunga esperienza come educatrice professionale nelle scuole superiori.
Da quanti anni lavori in un centro anti violenza come è cambiato il fenomeno in questi anni?
Lavoro presso il centro antiviolenza Paola Labriola gestito dall’APS GIRAFFA Onlus dal 2006. In questi anni il numero delle prese in carico è aumentato grazie anche alla moltissima informazione e sensibilizzazione che è stata fatta. Continua a confermarsi un fenomeno che attraversa tutte le fasce sociali. Finalmente dopo anni viene posta la giusta attenzione, non solo alla violenza fisica, psicologica, economica, ma anche alla violenza assistita che subiscono i minori dato che la maggior parte delle violenze avviene all’ interno delle mura domestiche.
E’ cambiato secondo lei il ruolo delle donne? In che modo?
Cambiato mi sembra una parola grossa … sicuramente sono stati fatti dei passi avanti, ma sono passi avanti che spesso vengono attaccati e tentano di riportarci indietro. Purtroppo la strada da fare è ancora molto lunga, rispetto a temi come la parità e i diritti delle donne molto spesso ci sono grandi paroloni e grandi promesse che però rimangono prive di veri contenuti e azioni.
Le è capitato di essere discriminata in quanto donna mentre svolgeva il suo lavoro?
Solo una volta, quando cercavo lavoro, durante un colloquio conoscitivo in una cooperativa che gestiva una comunità per minori, mi chiesero se fossi fidanzata e se avessi intenzione di avere figli in futuro. Informazione che serviva dolo per capire eventuali assenze future. E’ stata una domanda molto sgradevole.
E lei come ha reagito?
Non ho terminato il colloquio. Mi sono alzata e sono andata via…
Qual è a suo avviso la più grande difficoltà che vivono le donne che lei incontra?
La maggior parte delle donne che si rivolgono al centro hanno paura. Paura per se stesse e per i loro figli. Hanno paura di essere giudicate inadeguate o causa del fallimento. Altro aspetto è la paura di non riuscire a mantenere se stesse e i figli dato che spesso sono state costrette ad allontanarsi dal mondo del lavoro. Pensano non di farcela e di non essere in grado e questa bassissima autostima è la conseguenza di anni di esposizione alla violenza.
Quale dovrebbe essere secondo lei il punto di partenza per dare un valore a questa giornata?
Cominciamo ad imparare il vero significato di questa giornata e quindi a non considerarla una festa: non c è nulla da festeggiare sono morte delle donne e questa data è nata per altre ragioni. La giornata dell’ 8 marzo deve servire a sensibilizzare maggiormente rispetto ai diritti delle donne e sarebbe fantastico se non ci si ricordasse di determinate tematiche solo a ridosso di questa data.
Lei personalmente a chi dedica questa giornata?
A tutte le donne che hanno ripreso in mano la propria vita e sono finalmente LIBERE.