“Dobbiamo costruire una cultura libera dai pregiudizi, a Bari e in Italia”. L’assessore al Welfare, Francesca Bottalico, interviene sul ruolo delle donne a Bari e in Italia.
Quando pensa alla festa della donna cosa le viene in mente?
Non esiste per me una festa delle donne, esiste piuttosto un’occasione, che dovrebbe essere quotidiana, dedicata al ricordo e alla riflessione sulle conquiste politiche, sociali, economiche del genere femminile ma anche un’occasione per indagare a fondo contraddizioni e ingiustizie che ogni momento storico e contesto impone alle donne.
Come l’atteggiamento nei confronti delle donne è cambiato (se è cambiato) secondo lei a Bari?
Quando l’ONU scelse di commemorare per la prima volta la Giornata Internazionale della Donna, nel 1975, la situazione era sicuramente molto diversa da ora. Tanti i progressi realizzati in termini giuridici, sociali e culturali anche se persistono ancora forme di discriminazione , disuguaglianza e mancanza di pari opportunità.
Le disuguaglianze ad oggi riguardano prima di tutto la partecipazione al mercato del lavoro, la parità di retribuzione, il raggiungimento di un equilibrio vita/lavoro, la rappresentanza femminile in importanti posizioni aziendali e manageriali e nella politica, nonostante le grandi ultime novità, e la distribuzione del lavoro di cura. Si leggono in talune situazioni alcuni dati incoraggianti, penso ad ultimi dati dell’Asl Bari comunicati qualche giorno fa in occasione del Bilancio di Genere, che dimostrano quanto siano cresciute le quote rosa negli incarichi dirigenziali e nelle commissioni o il dato incoraggiante di questi giorni che attesta il forte aumento di imprese femminili su Bari. Ma molto c’è ancora da fare. In Italia, e ancora peggio nel sud, artigiane e commercianti donne guadagnano il 20,5% in meno degli uomini.
le donne dirigenti in Italia sono solo il 19% del totale. In media ogni mese gli uomini prendono 428 euro in più di pensione.
Quali sono le iniziative che il Comune ha portato avanti in questi anni nei confronti delle donne? Sia sul posto di lavoro sia nella vita di tutti i giorni?
Il Comune ha lavorato in questi anni su una pluralità di livelli in termini di tutela, sostegno, potenziamento di strumenti di conciliazione, sportelli di ascolto e orientamento, misure di sostegno al lavoro, sostegno alle start up, partecipazione delle donne e percorsi di autodeterminazione. Ma ancora molto c’è da fare specialmente sui livelli di pari opportunità e cultura di genere.
Si può fare di più secondo lei per aiutare le donne vittime di violenza che non riescono a denunciare? Come il Comune è intervenuto o può intervenire in tal senso?
Lavorando sempre più sul livello sociale, culturale, formativo, potenziando sportelli e strumenti di ascolto e rendendoli diffusi in ogni contesto, investire sulla formazione integrata di forze dell’ordine, operatori sociali, volontari, insegnanti affinché si consolidino alleanze territoriali e si orientino in maniera tempestiva le donne. Ma anche creando strumenti di autodeterminazione ed empowerment che sostengano la donna sul post denuncia e diano loro fiducia per il futuro. Investendo sulle campagne di comunicazione affido, informazioni, forme di aggancio informale con le donne in ogni contesto. Fondamentale il lavoro.
Il centro antiviolenza rappresenta un utile strumento a riguardo? Che riscontri ha avuto negli ultimi anni?
I cav rappresentano dei presidi fondamentali per la città. Sono strutture in cui vengono accolte le donne che subiscono o che sono minacciate da qualsiasi forma di violenza (economica, psicologica, fisica) e dove intervengono equipe specializzate.
Cosa ne pensa dei nomi modificati, sindaca, assessora etc? È anche questo un aspetto del cambiamento nella mentalità o è solo “moda”?
Diversi filosofi (penso a Wittegenstein, Foucault ma anche a donne come Maria Zambrano) ci hanno insegnato che le parole non sono mai neutre, portano un mondo e formano il mondo: noi abitiamo le parole che diciamo. Quindi credo che per vivere e costruire un mondo nuovo occorra smontare un linguaggio antico e parlare una nuova lingua, quella dell’inclusività e dell’accoglienza, che è lingua femminile per eccellenza: da questa nostra forza bisogna partire per creare una nuova grammatica sociale.
A Bari secondo lei le donne come vengono considerate? Ci sono ancora retaggi del passato?
La rappresentazione delle donne non riguarda solo Bari. Se pensiamo alle ricerche sull’odio online (come, ad esempio, il “Barometro sull’odio online” curato da Amnesty International) notiamo che le donne sono ancora, costantemente, tra i bersagli degli haters. Questo è un retaggio del passato e un monito per il futuro: ogni giorno, nel presente, a Bari e in Italia, online e offline, dobbiamo costruire una cultura libera dai pregiudizi.
Cosa si aspetta o cosa vorrebbe per le donne a Bari per i prossimi anni?
Mi aspetto un sempre maggiore protagonismo, a partire da una rinnovata partecipazione nel mondo del lavoro. Ancora oggi Bari, sebbene in misura minore rispetto al resto della Puglia e del Sud, vede uno scarso accesso al mondo del lavoro, da parte delle donne, e quindi una ridotta capacità di autonomia. Una donna libera è una donna che può decidere autonomamente: mi aspetto e mi auguro che sempre più donne possano farlo, a partire dal decidere per sé nella scelta della scuola e del lavoro, libere da stereotipi e pregiudizi.
E in politica, ci sono secondo lei ancora poche donne o si è raggiunto un giusto bilanciamento?
Il giusto bilanciamento si avrà quando le decisioni delle donne, e non solo i numeri della loro rappresentanza, elemento importantissimo ma non sufficiente, avranno maggior peso.
Se pensa ad una donna a cui lei si ispira o si ispirerebbe, che nome farebbe?
Mi ispiro ad una donna che che ogni giorno lotta e resiste per raggiungere ciò che desidera, per esprimere il suo talento, per autodeterminarsi, per contribuire alla crescita della sua comunità. Una donna che affronta con un sorriso le difficoltà, che lavora per il bene comune, che si costruisce seguendo la sua natura e non imitando modelli spesso maschili. Ad una donna autentica e solidale.
(foto facebook)