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Radioterapia errata e assenza di medicinale salvavita: due casi di malasanità a Bari condannati dalla Corte dei Conti

Pubblicato da: redazione | Mer, 1 Marzo 2023 - 16:00

Nel corso del 2022, la Corte dei Conti pugliese, si è concentrata anche su diversi casi di malasanità, in particolare due, relativi al territorio barese, per i quali sono state emesse sentenze di condanna. È quanto emerso dai dati della relazione del procuratore regionale, Carlo Alberto Manfredi Selvaggi, presentata in mattinata a Bari, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario 2023.

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In particolare, i casi riguardano una paziente affetta da neoplasia mammaria sottoposta a un intervento di mastectomia totale destra, che ha ricevuto cicli di chemioterapia e radioterapia nella parte di torace sana e una paziente 12enne, ricoverata nel Policlinico di Bari per un intervento chirurgico di riduzione di una frattura al femore, che non si è “più svegliata dopo l’anestesia”. Con sentenza 238/2022, la magistratura contabile ha chiesto la condanna dell’allora responsabile dell’Uo Radioterapia dell’Istituto Tumori Giovanni Paolo II di Bari al risarcimento di 25mila euro per il caso della donna, avvenuto nel 2013. In questo caso specifico, è stato appurato che “gli otto cicli chemioradioterapici furono effettuati sulla parte sinistra del torace (quella sana) e non sulla parte destra”.

Per quanto riguarda il caso della paziente 12enne, la Corte dei Conti, ha chiesto ai sensi della legge Gelli Bianco, con sentenza-ordinanza 637/2022 la condanna di due anestesisti per un importo equivalente a un’annualità di retribuzione lorda percepita, pari, nello specifico, per il primo a 86.035,38 euro e per il secondo a 106.026,60 euro. Più nello specifico, al primo “per avere trascurato il valore elevato del Cpk e somministrato, per l’anestesia generale propedeutica all’intervento ortopedico, un farmaco controindicato per la patologia sofferta dalla paziente” e al secondo, all’epoca primario e direttore del reparto, chiamato in soccorso e intervenuto, a operazione chirurgica quasi conclusa, per aver “erroneamente diagnosticato una tromboembolia polmonare e ritardato di altre tre ore la somministrazione del farmaco salvavita”. Fattore, quest’ultimo, dovuto anche alla mancanza in struttura di tale medicinale.

Foto repertorio

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