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Tangenti in Puglia, chiesti 6 anni per l’ex capo della Protezione civile

Pubblicato da: redazione | Gio, 23 Febbraio 2023 - 14:46
lerario

La Procura di Bari ha chiesto la condanna alla pena di sei anni di reclusione per l’ex dirigente della Protezione civile della Regione Puglia, Mario Lerario, arrestato il 23 dicembre 2021 con l’accusa di corruzione per aver intascato due tangenti da 20mila e da 10mila euro da due imprenditori che avevano in corso con la Regione appalti per la realizzazione di strutture anche per l’emergenza Covid.

La richiesta di pena è stata avanzata nel corso del processo con rito abbreviato dinanzi al gup di Bari Alfredo Ferraro dal procuratore Roberto Rossi e dall’aggiunto Alessio Coccioli. Quattro anni sono stati chiesti per l’imprenditore foggiano Luca Ciro Giovanni Leccese, anch’egli a processo con rito alternativo. Leccese è accusato di corruzione in concorso con Lerario per la tangente da 10mila euro che costò all’allora dirigente l’arresto in flagranza di reato. L’altro imprenditore, Donato Mottola, di Noci (Bari), è a giudizio con rito ordinario per aver versato a Lerario una mazzetta da 20mila euro il giorno prima dell’arresto.

Nel corso dell’udienza il difensore di Lerario, Michele Laforgia, ha spiegato che non vi è mai
stato un accordo corruttivo legato agli affidamenti dei lavori fra l’allora dirigente della Protezione civile della Regione Puglia e gli imprenditori Luca Ciro Giovanni Leccese e Donato Mottola. Lo scambio di denaro – secondo la difesa – è riconducibile, al massimo, a una retribuzione non dovuta correlata agli appalti. La Procura ha contestato il reato di corruzione per atti contrari ai doveri di ufficio, che prevede una pena da sei a dieci anni di reclusione, mentre la difesa di Lerario ha evidenziato che il fatto non costituisce reato perché non ci sarebbe correlazione fra lo scambio di denaro e l’attività amministrativa svolta dall’imputato nell’esercizio della sua funzione. In subordine, i difensori hanno chiesto di procedere per il reato di corruzione per l’esercizio della funzione, previsto dall’articolo 318 del Codice penale e punito con una pena più lieve.

Si tornerà in aula il prossimo 23 marzo per le repliche. Nella stessa data potrebbe arrivare la sentenza.

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