Si è svolto a Barletta, presso il Polo Universitario all’interno dell’ospedale Dimiccoli, l’incontro di avvio del progetto di “Oncologia Occupazionale”, a cura della UOSVD “Sicurezza e Sorveglianza Sanitaria” dell’Asl Bt in stretta collaborazione con lo SPESAL (Servizio Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro), il Dipartimento Oncologico, il Dipartimento delle Direzioni Mediche di Presidio ed il Dipartimento Chirurgico.
Lo scopo di tale attività è la diagnosi dei tumori professionali nella provincia di Barletta-Andria-Trani attraverso la “ricerca attiva dell’eziologia professionale dei tumori” sui pazienti ricoverati per neoplasia con tre seguenti finalità da cui scaturiscono altrettanti obiettivi: attuare misure medico-legali a favore del singolo lavoratore (obiettivo di tutela individuale e denuncia di malattia professionale); verificare l’efficacia delle misure preventive nei luoghi di lavoro (obiettivo di tutela collettiva) e diffondere le conoscenze circa la presenza attuale o in passato del rischio cancerogeno nella realtà locale (obiettivo comunicativo).
“Ogni anno in Italia vengono registrati circa 300mila nuovi casi di cancro – spiega il dott. Danny Sivo, responsabile della UOSVD “Sicurezza e Sorveglianza Sanitaria” – di questi circa il 5% sarebbero statisticamente causati dal lavoro molti di più dei circa 1000 riconosciuti dall’INAIL. La Asl Bt offre la possibilità di approfondire se le neoplasie presenti tra i pazienti ricoverati siano o meno di origine lavorativa denunciando la malattia professionale attraverso il Centro di Oncologia del lavoro, unico centro in Puglia che, attualmente, consente la diagnosi di tumori da lavoro offrendo un servizio pubblico utile anche a migliorare la sensibilità sui luoghi di lavoro relativamente a questa importante tematica”.
“La ragione principale della sottostima dei tumori professionali – prosegue Sivo – è da ricercare nella difficile ricostruzione della storia lavorativa dei lavoratori e lavoratrici rispetto al passato in cui si passava decenni nelle stesse fabbriche di cui erano più evidenti le esposizioni a cancerogeni. Spesso l’insorgenza del tumore avviene dopo il pensionamento dei soggetti e quindi raramente il medico del lavoro si trova di fronte al soggetto affetto da neoplasia, mentre i medici ospedalieri ed i medici di medicina generale che hanno in cura il malato, si pongono meno il problema di associare la patologia oncologica con l’attività lavorativa svolta in passato dal paziente”.
“Vogliamo offrire il nostro contributo per rendere meno significativa la sottonotifica dei tumori professionali la cui diagnosi – conclude il responsabile della UOSVD “Sicurezza e Sorveglianza Sanitaria” dell’Asl Bt – non è semplice per svariate ragioni. I tumori da lavoro, in primo luogo, non differiscono da quelli di altra origine sotto il profilo clinico e anatomo-patologico. La diagnosi di tumore professionale in casi individuali è quindi puramente eziologica e si basa sulla ammissibilità che la pregressa esposizione lavorativa ad un oncogeno sia stata adeguata ed efficiente nell’induzione della patologia oncologica. Frequente è, inoltre, l’equivoco sul rapporto tra fumo di tabacco e cancerogeni professionali, che induce ad attribuire al fumo l’esclusiva responsabilità dei casi di cancro del polmone, anche nei soggetti esposti per lungo tempo a cancerogeni occupazionali”.