“Oggi non si rispettano più le tradizioni come un tempo. L’Epifania? Tra le vie di Bari Vecchia non è più la stessa cosa”. A raccontarlo a Borderline24 è Michele Fanelli, presidente del circolo Acli Dalfino, da anni impegnato nel valorizzare il patrimonio storico del capoluogo pugliese attraverso percorsi che consentano di divulgarne la storia e le “storie”.
Dalla lotta tra le due befane, una buona, l’altra cattiva, alla leggenda della “cape du turchie”, sono tante le usanze che nel corso degli anni hanno perso la loro “memoria storica”, sino a diventare quasi sconosciute per alcuni bambini, ma anche per gli adulti. “Le tradizioni sono cambiate dal passato a oggi – ha spiegato Fanelli – per noi era tutta un’altra cosa. La notte dell’Epifania la vivevamo con il terrore, i genitori ci facevano paura e ci esortavano ad andare a dormire per non farci trovare svegli dalla Befana cattiva, perché in giro per le vie del quartiere se ne aggiravano due, solo una era buona. Prima di andare a dormire però lasciavamo in tavola i dolci tipici di Natale, noi non potevamo toccarli” – ha aggiunto.
Poi, arrivava la notte e al risveglio c’era la sorpresa: “Quasi sempre la Befana si era mangiata tutto. I nostri genitori erano bravissimi a farci credere che da lì fosse passata davvero. La mattina, i più fortunati, trovavano solo regali, ma nulla di che, cose semplici, non come accade oggi, mentre altri, se trovavano il segno della croce con la pece, sapevano che non si erano comportati bene perché era passata la Befana cattiva” – ha sottolineato evidenziando che non si trattava di un evento atteso solo in famiglia, ma in tutto in quartiere. “Per le strade, la mattina, era una festa – ha proseguito – oggi non è più così. Nella calza ci trovavamo il carbone, ma anche doni semplici e ci credevamo davvero, mentre oggi i bambini hanno tutto. Mi rattrista vedere che a Bari vecchia non c’è più quella stessa gioia e i bimbi non animano più le strade del quartiere. Molti non si ricordano neanche più quelle leggende che in fondo nascondono un po’ di verità della storia barese, come la testa del turco” – ha precisato.
La Testa del Turco, in particolare, si incontra letteralmente camminando a testa alta per le vie di Bari Vecchia, nello specifico in strada Quercia 10. Riconoscerla non è difficile, si tratta di un uomo con i baffi e il turbante ed è lì in memoria degli anni in cui Bari fu un emirato arabo, dall’847 all’871. Legata alla “Cape du turchie” c’è proprio una leggenda che vede come protagonista una delle due befane della tradizione popolare barese, quella cattiva. La leggenda, ha spiegato ancora Fanelli “narra di un guerriero saraceno, Mufarrag, che governava la città e voleva far convertire i baresi al suo credo religioso e decise di farlo sfidando la befana cattiva che, secondo la credenza, nella notte a cavallo tra il 5 e il 6 gennaio, si aggirava per le vie di Bari Vecchia contrassegnando con una croce le abitazioni di tutte le persone che dovevano morire entro l’anno e falciando chiunque incontrasse per strada” – ha specificato. L’epilogo di questa leggenda non è difficile da intuire: ad avere la meglio fu proprio la Befana cattiva, a Bari conosciuta come “Pefanì”, che gli falciò la testa facendola rotolare per i vicoli del quartiere fino a quando non si conficcò nell’architrave di via Quercia.
Si tratta di una leggenda che, come ha sottolineato Fanelli, cela anche un pizzico di verità. “Oggi in tanti hanno dimenticato questa storia – ha detto infine Fanelli – non si respira più la stessa aria. Si fanno regali sempre, a Natale, a Capodanno e anche la Befana è diventata una trovata commerciale mentre in questa leggenda c’è un pizzico di verità che riguarda la storia del nostro territorio. Eppure la memoria storica andrebbe conservata. Senza non c’è futuro” – ha concluso.
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