“Per una donna non è semplice vivere a Bari per due motivi: di notte se cammini da sola hai paura, di giorno hai sempre paura, ma di cadere dai tacchi perché strade e marciapiedi sono rotti. In entrambi i casi un incubo”. Lo ha raccontato a Borderline24 una residente, Manuela, interpellata in merito ai risultati emersi dalla 33esima classifica del Sole24 ore secondo la quale, la qualità della vita delle donne a Bari non è delle migliori.
Il capoluogo pugliese, in particolare, è all’83esimo posto in termini di vivibilità e benessere da parte delle donne. I dati sono stati calcolati attraverso il confronto di 12 parametri, tra cui imprese, istruzione, quote rosa, ma anche competenze Stem. Dal gap occupazionale, che vede in negativo i dati sull’inserimento delle donne nel mondo del lavoro, alla speranza di vita, per la quale Bari è terza dietro Cagliari e Trento, ma non solo. A preoccupare le donne sono diversi aspetti, tra questi il pregiudizio in ambito universitario, che spesso spinge a trasferirsi altrove, ma anche la paura di camminare sole in strada, l’assenza di opportunità, asili pubblici con lunghe liste di attesa che non permettono alle donne di metter su famiglia. Attualmente, la medaglia d’oro per la qualità della vita delle donne è nelle mani della provincia di Monza-Brianza. A trascinare questa realtà è soprattutto l’indicatore dell’occupazione femminile, con un gender gap tre volte inferiore rispetto alla media nazionale, ma anche i progetti dedicati ai servizi alla famiglia, con un incremento non indifferente dei posti negli asili nido. Tutti fattori per cui Bari risulta carente e che, di fatto, rendono difficile la “sopravvivenza” nel capoluogo pugliese. A prova di ciò, il racconto di alcune residenti, supportate dall’associazione la Forza delle donne, che hanno voluto affidare a Borderline24 la propria esperienza.
“Vivere a Bari per una donna non è facile – ha raccontato Gemma – se dopo i 50 anni cerchi lavoro ti rispondono che non sei in tempo. Come se volessero dire che non c’è più posto. Qui – ha proseguito – manca anche una politica a favore delle donne madri. Pochi asili nido pubblici con liste d’attesa lunghe. Non tutte sono in grado di pagare il privato”. “A Bari alle bambine si insegna il non vedo, non sento, non parlo, prima della parola mamma” – ha detto invece Simona, madre e lavoratrice. “A Bari l’indifferenza regna sovrana – ha raccontato invece Flavia – la maggior parte delle persone non è disposta a metterci la faccia per aiutare donne o ragazze in difficoltà in diversi ambiti. Si tende a normalizzare anche ciò che è preoccupante perché prevale il pensiero ‘a me non succede” – ha concluso. “La sera quando esco voglio sentirmi libera, non eroica” – ha detto infine un’altra donna.
“Essere donna a Bari è il mestiere più difficile del mondo – ha raccontato un’altra residente, 30enne – se non puoi scegliere di andare via per una qualsiasi ragione, restare è un suicidio. Sono poche le realtà che rispettano il ruolo della donna, devi essere davvero fortunata o comunque lavorare il doppio per ottenere gli stessi risultati di un uomo. Purtroppo qui la mentalità è ancora troppo chiusa. A peggiorare la situazione gli stipendi, guadagno molto meno del mio compagno, nonostante abbiamo lavori molto simili. Mettere su famiglia? Improbabile. Alla fine ti costringono a scegliere di non avere figli, ma forse è meglio così, perché sicuramente non vorrei crescerli qui. Amo follemente questa città, ma è un luogo in cui tornare ogni tanto e io spero di andare via presto, a meno che, questo nuovo governo, che per la prima volta ha una donna al potere, non cambi realmente le politiche offrendo nuova speranza alle donne e ai giovani” – ha concluso.
“Il pregiudizio a Bari, sulle donne, è un’ombra costante con cui dover avere a che fare – ha commentato una studentessa universitaria 20enne – forse è così un po’ ovunque, ma se dai un esame, devi stare attenta a come ti poni più degli uomini. Per loro è sicuramente più semplice, per noi è dura, perché si dà per scontato che le donne siano meno capaci, tante volte mi viene posta la domanda: perché vuoi laurearti? Come se non fosse una cosa adatta a una donna, ai miei colleghi certe domande non vengono poste. Senza contare poi le difficoltà di chi studia materie che, secondo i canoni, sono più adatte agli uomini. Noi non siamo solo future mamme o future casalinghe, c’è un pensiero di fondo comune che ci vede da sempre così, qui a Bari sembra amplificato e mi auguro finisca in fretta. Viene voglia di lasciare l’università o, almeno, trasferirmi al Nord, anche se proprio non posso permettermelo” – ha concluso.
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