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Istat, in lieve diminuzione l’occupazione nel terzo trimestre 2022. In calo le retribuzioni

Pubblicato da: redazione | Lun, 26 Dicembre 2022 - 18:00

Nel terzo trimestre 2022 l’input di lavoro misurato in Ula (Unità di lavoro equivalenti a tempo pieno) è in lieve diminuzione in termini congiunturali (-0,1% rispetto al secondo trimestre 2022) e rallenta la crescita su base annua (+2,7% rispetto al terzo trimestre 2021); anche l’occupazione cala rispetto al trimestre precedente e riduce l’aumento su base annua. Nello stesso periodo, il Pil è cresciuto dello 0,5% in termini congiunturali e del 2,6% in termini tendenziali. Lo rivela l’Istat.

Su base congiunturale, i dipendenti presentano un lieve calo in termini di occupati (-0,1%) e continuano ad aumentare per le posizioni lavorative del settore privato extra-agricolo (+0,5%, Istat, Rilevazione Oros), seppur con una dinamica decelerata rispetto al trimestre precedente.

Il rallentamento della crescita congiunturale delle posizioni lavorative dipendenti trova riscontro nei dati del Ministero del lavoro e delle politiche sociali ricavati dalle Comunicazioni obbligatorie (CO) rielaborate che, in tre mesi, evidenziano una crescita di 22 mila posizioni, come sintesi dell’aumento di quelle a tempo indeterminato (+110 mila rispetto al secondo trimestre 2022) e del calo delle posizioni a tempo determinato (-88 mila)

Su base tendenziale il numero di dipendenti è in aumento, in termini sia di occupati (+1,0% in un anno, Istat-Rfl) sia di posizioni lavorative dei settori dell’industria e dei servizi (+3,8%, Istat-Oros). La crescita delle posizioni lavorative si registra anche nei dati delle Co (+565 mila rispetto al terzo trimestre del 2021), in tutti i settori di attività economica, con l’unica eccezione di quello agricolo.

SI RIDUCONO LE RETRIBUZIONI – Confrontando le variazioni a prezzi costanti nelle componenti del costo del lavoro, tra il 2007 (anno che precede la crisi economica) e il 2020, risulta che “i contributi sociali dei datori di lavoro sono diminuiti del 4%, anche per l’introduzione di misure di decontribuzione, mentre i contributi dei lavoratori sono rimasti sostanzialmente invariati, le imposte sul lavoro dipendente sono aumentate in media del 2%, la retribuzione netta a disposizione dei lavoratori si è ridotta del 10%“.

LA MAGGIORANZA DEI REDDITI SOTTO 30MILA EURO – Nel 2020, circa il 76% dei redditi lordi individuali (al netto dei contributi sociali) “non supera i 30.000 euro annui: la metà dei redditi lordi individuali si colloca tra 10.001 e 30.000 euro annui, oltre un quarto è sotto i 10.001 euro e soltanto il 3,7% supera i 70.000 euro”, sottolinea ancora l’indagine con riferimento, per quel che riguarda il reddito, agli anni 2019 e 2020.La distribuzione dei redditi lordi individuali, si legge nel rapporto, “mostra nel 2020 un aumento consistente rispetto al 2019 della quota dei redditi della classe inferiore (meno di 10.000 euro) in particolare per i redditi da lavoro autonomo (41,7% nel 2020 rispetto al 35.5% nel 2019) e da lavoro dipendente (25% rispetto al 21,3% del 2019)”. Il reddito medio da lavoro autonomo, al lordo delle imposte e dei contributi sociali, “è pari a 24.885 euro annui, con una riduzione del 5,9% rispetto al 2019. Il reddito netto a disposizione del lavoratore autonomo raggiunge il 68,5% del totale (17.046 euro): le imposte rappresentano il 14,1% del reddito lordo e i contributi sociali il 17,4%”.

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