Dopo essere stata la migliore arma contro la pandemia da Covid-19, la tecnologia basata sull’Rna messaggero potrebbe portare in pochi anni a una svolta nella lotta contro i tumori. Uno studio di Fase II, che ha sperimentato l’utilizzo di un vaccino mRNA di Moderna (denominato al momento mRNA-4157/V940) in combinazione con il farmaco immunoterapico pembrolizumab su 157 pazienti con melanoma allo stadio 3 o 4 già sottoposti a interventi chirurgici, ha dimostrato infatti di ridurre del 44% il rischio di recidiva rispetto alla sola immunoterapia.
Se verranno confermati, i risultati rappresenteranno “un’importante notizia anche contro tutti gli altri tumori”, spiega Paolo Ascierto, presidente della Fondazione Melanoma e direttore dell’Unità di Oncologia melanoma, immunoterapia oncologica e terapie innovative dell’Istituto Pascale di Napoli. Infatti, spiega l’esperto, a differenza dei vaccini utilizzati contro il Covid, uguali per tutti, questo “innovativo trattamento” si basa su “terapie personalizzate”. Nel dettaglio, “si prende il tumore, che è stato resecato, lo si processa e attraverso un algoritmo si selezionano 34 mutazioni presenti nel tumore di quel paziente, realizzando quindi un vaccino personalizzato. Di queste 34 proteine mutate viene fatto l’mRna messaggero che viene inoculato nel paziente.Il nostro sistema immunitario viene quindi istruito a riconoscere come estranee 34 proteine specifiche del paziente”.
Il principio, spiega Ascierto, è “lo stesso anche per gli altri tumori, proprio perché si lavora sulla personalizzazione del trattamento”. Ecco perché se i risultati sul melanoma saranno confermati sarà una buona notizia anche per tutti i pazienti oncologici. Nel caso del melanoma, precisa l’oncologo, “bisogna sottolineare che è un risultato di riduzione ulteriore”, che si va ad aggiungere ai progressi già ottenuti con l’immunoterapia, ad esempio “con la terapia con pembrolizumab e nivolumab, che già ha ridotto il rischio di recidiva del 50%”.
Lo studio di Fase III, che sperimenterà la nuova terapia su un numero più alto di pazienti, partirà nel 2023 e valuterà i suoi effetti anche su altri tipi di tumori. Per avere i risultati definitivi servirà qualche anno: “In genere dal momento in cui inizia l’arruolamento al primo dato possono passare dai 3 ai 5 anni”, spiega Ascierto. Il presidente della Fondazione Melanoma e direttore dell’Unità di Oncologia melanoma, immunoterapia oncologica e terapie innovative dell’Istituto Pascale di Napoli sottolinea, infine, che “se i risultati saranno confermati, testimonieranno ancora una volta quanto la ricerca sia fondamentale”.