Le fratture del collo del femore nell’anziano rappresentano un evento grave e sono il risultato di una caduta accidentale o di traumi a bassa energia e sono spesso associate a osteoporosi e ad altre condizioni mediche generali, come l’insufficienza funzionale degli arti inferiori, che possono aumentare il rischio di cadute. Queste fratture si verificano in soggetti, per lo più di sesso femminile, che hanno superato i 65 anni di età. Recenti studi hanno evidenziato che l’Italia è tra i paesi a maggior incidenza di fratture di femore, registrando annualmente su 100mila abitanti un’incidenza >300 per le donne e >150 per gli uomini. Oltre ad aumentare il rischio di mortalità nel paziente anziano la frattura del femore ha un impatto sostanziale, talvolta devastante, sulla qualità di vita, comportando il rischio di riduzione della mobilità e deterioramento dello stato funzionale, con conseguente limitazione o perdita dell’autonomia e impossibilità a tornare alle condizioni abitative antecedenti il trauma. Si tende a dividere questo tipo di lesioni ossee in due grandi gruppi, in funzione della parte del femore lesionata:
– Fratture mediali, che comprendono le fratture sottocapitate (vicine alla testa del femore) e le fratture cervicali, che riguardano la parte intermedia del collo anatomico.
– Fratture laterali, dove rientrano le fratture basicervicali, pertrocanteriche e sottotrocanteriche.
A seconda del tipo di frattura di individua un preciso trattamento chirurgico, che va dall’inchiodamento endomidollare alla sostituzione protesica ( parziale o totale ) dell’articolazione dell’anca. Le linee guida internazionali concordano sul fatto che il trattamento precoce di queste fratture innalzi le possibilità di ripresa del paziente e di ritorno a funzionamento dell’arto. Diversi studi hanno dimostrato che a lunghe attese per l’intervento corrisponde un aumento del rischio di mortalità e di disabilità del paziente, di conseguenza, le raccomandazioni generali introdotte dalla SIOT (Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia), a cui tutti gli ospedali d’Italia si sono adeguati, sono che il paziente con frattura del collo del femore venga operato entro 24/48 ore dall’ingresso in ospedale.
Importante è anche la mobilizzazione precoce post-operatoria, di solito avviata entro 48 ore dall’intervento, in maniera tale da permettere al paziente di riacquisire la capacità di cambiare posizione, stare seduto, stare in piedi e camminare. Questo è, anche, segno di qualità dell’assistenza, in quanto potenzialmente in grado di ridurre la durata del ricovero, ovvero le complicanze legate al prolungato allettamento. La permanenza in ospedale resta, comunque, legata alle condizioni cliniche del paziente, ma in generale la dimissione viene pianificata entro 3-5 giorni in assenza di altri problemi.
Alessio Casalino – Dirigente Medico U.O. Ortopedia e Traumatologia Ospedale San Paolo